Il mio nome è Elizabeth Arquinigo Pardo e sono una cittadina peruviana, residente in Italia da oltre 18 anni. Sono nata a Lima e mi sono trasferita qui quando avevo dieci anni.
Scrivo perché mi sento tradita dalla nazione in cui vivo e della quale faccio parte integrante. Ma sono anche molto arrabbiata. Arrabbiata, con quella parte di “sinistra”, che ha dato inizio alla deriva (con l’affossamento dello Ius Culturae) ma arrabbiata anche con chi continua a creare legami inesistenti tra un fenomeno naturale e strutturale, com’è il fenomeno migratorio e la criminalità organizzata. Facendo passare il messaggio che tutti gli stranieri dal primo all’ultimo arrivato siano dei “clandestini”.
Clandestino, parola, che grazie ad un astuto provvedimento viene poi associato ad un reato: il reato di clandestinità. Reato di cui stando ai sempre più frequenti tweet del nostro ministro dell’interno nonché vice primo ministro Matteo Salvini, ci saremo macchiati tutti dal primo all’ultimo e che ci porta ad essere più propensi al crimine, per l’appunto.
Ma è soprattutto a lui, che vorrei rivolgere alcune “segnalazioni”. A lui, che durante la campagna elettorale e nel suo becero e maldestro tentativo di porci gli uni contro gli altri: creando, addirittura dei cittadini extracomunitari di serie A (coloro regolarmente residenti) e extracomunitari di serie B (richiedenti asilo politico), asseriva: “tutti i cittadini extracomunitari, che lavorano, pagano le tasse, studiano e sono ben integrati sono miei amici” e ancora “i cittadini extracomunitari regolari non hanno nulla di che preoccuparsi: sono tutti amici miei”.
Vorrei chiedere al ministro che cos’è cambiato? Perché quest’accanimento anche nei miei confronti. Perché sono aumentati a 48 mesi i tempi di attesa dell’istruttoria per la cittadinanza? Perché ha previsto la revoca di un diritto civile nonché fondamentale come quello della cittadinanza? Non eravamo suoi amici?
Io, signor ministro, rappresento il suo perfetto “prototipo” di immigrata (quello pre risultati elettorali, intendiamoci). Sono residente nel belpaese da oltre 18 anni, mi sono laureata, come può ben notare faccio un uso corretto sia scritto che parlato dell’italiano e sono (anche) un’onesta contribuente. Ho iniziato a lavorare stabilmente (con contratti regolari sia da dipendente che da partita iva) subito dopo l’università.
Non ho potuto per motivi familiari presentare la domanda di cittadinanza a carico dei miei genitori. Quindi, questa cittadinanza non solo me la sono conquistata, in quanto è il coronamento di un percorso di integrazione, per l’appunto. Ma, questa cittadinanza me la sono anche sudata e guadagnata. Ho presentato domanda con i miei redditi infatti. Sono sicura che approverà questa mia scelta, dato che lei ama affermare nei suoi comizi, che la cittadinanza deve essere conquista e guadagnata.
Ecco signor ministro, sta proprio qui il paradosso, che mette in luce tutte le sue contraddizioni: io, una cittadina perfettamente regolare, contribuente in regola, laureata e con la voglia di proseguire con i suoi studi, rischia di non avercela questa cittadinanza.
Eh già, mi piacerebbe continuare con gli studi con un master all’estero. Ora, purtroppo, per via di quest’ultima sua riforma non sono libera, sono in trappola, prigioniera della burocrazia nostrana. Per colpa della burocrazia e della legge vigente sono obbligata a rimanere in Italia fino alla fine dell’istruttoria, che ora a causa del nuovo decreto durerà 4 anni. Mi trovo infatti costretta a NON poter cambiare residenza per i prossimi 4 anni. Non potrò, quindi accedere a molte opportunità lavorative ed accademiche all’estero.
Trovo il suo provvedimento ingiusto (per molti altri motivi), inadeguato a governare il fenomeno ma soprattutto ipocrita. Già perché viene meno alla parola data in campagna elettorale a noi suoi “amici regolari”.
Spesso dimentico che la sua parola è valida (forse) solo per i cittadini italiani, e io ai suoi occhi non lo sono ancora. E molto probabilmente non lo sarò mai.
A causa del suo provvedimento, nonostante gli anni di contributi versati, l’investimento in educazione e il contributo economico/sociale. Insomma, nonostante io me la sia sudata e quasi conquistata questa cittadinanza, io così come altri, anzi moltissimi altri ragazzi rimarremo in una gabbia burocratica.
Elizabeth Arquinigo Pardo