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TAR Valle d’Aosta Sentenza 15 maggio 2008 Diniego rinnovo pds condanna penale

TAR Valle d’Aosta, Aosta, Sezione Unica, Sentenza n. 47 del 15 maggio 2008
E’ legittimo negare il rinnovo del permesso di soggiorno al cittadino albanese che ha subito una condanna penale.
Ai sensi dell’articolo 4 del D.Lgs. n. 286 del 1998 “non è ammesso in Italia lo straniero che [tra l’altro] risulti condannato, anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall’articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale ovvero per reati inerenti gli stupefacenti".
Nella specie, il ricorrente, a seguito di patteggiamento, è stato condannato ex articolo 73 del D.P.R. n. 309 del 1990, per il reato di “produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope”, espressamente considerato dalla richiamata disposizione del codice di procedura penale ai fini dell’arresto in flagranza.
Tra i motivi di ricorso, il cittadino albanese lamenta la violazione dell’articolo 3, commi 3 e 4, del D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394 nonché il difetto di motivazione e di istruttoria, lo sviamento e l’illogicità – in relazione alla mancata traduzione del provvedimento di revoca del permesso di soggiorno in una lingua conosciuta dall’interessato. Tuttavia, il cittadino albanese non ha fornito alcun principio di prova di non conoscere la lingua italiana.
Per tutto ciò, il Tribunale Amministrativo Regionale della Valle D’Aosta rigetta il ricorso perché infondato.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Valle D’Aosta
(Sezione Unica)
ha pronunciato la presente
SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 97 del 2007, proposto da:
Edmond Grimci, rappresentato e difeso dall’avv. Massimiliano Sciulli, presso il cui studio, in Aosta, via Losanna, 10, ha eletto domicilio;
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica, non costituitosi in giudizio;
Questura di Aosta, in persona del Questore in carica, non costituitasi in giudizio;
per l’annullamento
del provvedimento prot. Cat. A. 12/2007/Imm./I.P.A. N. 7/2007, in data 27 novembre 2007 e notificato in data 10 dicembre 2007, con cui il Questore della Valle d’Aosta ha respinto l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno;

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 aprile 2008 il cons. Maddalena Filippi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO
1. – Con il ricorso all’esame il ricorrente – cittadino albanese titolare di permesso di soggiorno per motivi di lavoro – impugna il provvedimento prot. Cat. A. 12/2007/Imm./I.P.A. N. 7/2007, in data 27 novembre 2007, con cui il Questore della Valle d’Aosta ha respinto l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno.
Il rigetto è motivato con riferimento alla condanna del ricorrente – pronunciata con sentenza del Tribunale di Torino-G.I.P. n. 849 del 2 maggio 2006 – alla pena di due anni e otto mesi di reclusione ed a Euro 12.000,00 di multa, per il reato di cui agli articoli 110 del codice penale, 73 e 80 del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza).
Le Amministrazioni intimate – Questura di Aosta e Ministero dell’Interno – non si sono costituite.
2. – Il ricorso non può essere accolto.
2.a – Con la prima censura si deduce carenza di potere in relazione alla intervenuta scadenza del termine di ultimazione del procedimento di rilascio del titolo richiesto dal ricorrente.
Ad escludere la fondatezza del rilievo è sufficiente il richiamo alla natura ordinatoria di tale termine, che impedisce che il relativo decorso comporti la perdita del potere di cui l’Amministrazione è investita.
2.b – Con il secondo ed il terzo motivo di ricorso si sostiene che, poiché la condanna è avvenuta a seguito di patteggiamento della pena tra le parti – e dunque a seguito di un sommario accertamento dei fatti – l’Amministrazione avrebbe dovuto procedere ad una riconsiderazione della fattispecie ai fini della valutazione dell’effettiva pericolosità del ricorrente, avuto riguardo in particolare alla attuale condizione di vita dell’interessato. Tanto più che, si aggiunge, la sentenza ha concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena. L’Amministrazione, inoltre, non avrebbe considerato che – trattandosi di rinnovo di permesso di soggiorno e non di permesso di ingresso – ai sensi dell’art. 5, comma 4, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, la sentenza di condanna non comporta l’automatico rigetto della domanda (a differenza di quanto previsto dall’art. 4, comma 3, dello stesso decreto legislativo, per i permessi di ingresso), ma richiede una valutazione concreta ed attuale della pericolosità sociale dello straniero. Una tale valutazione nella specie non sarebbe stata compiuta: in particolare, l’Amministrazione non avrebbe considerato la circostanza che il ricorrente lavora ed è stabilmente inserito nel tessuto sociale.
La censura non è fondata.
Va subito escluso il rilievo della circostanza che, nella specie, la condanna sia avvenuta a seguito di patteggiamento della pena tra le parti.
Ai sensi del richiamato articolo 4 del decreto legislativo n. 286 del 1998 (“Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”, di seguito: testo unico), “non è ammesso in Italia lo straniero che [tra l’altro] risulti condannato, anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall’articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale ovvero per reati inerenti gli stupefacenti.”
Come anticipato, il ricorrente è stato condannato, ex articolo 73 del D.P.R. n. 309 del 1990, per il reato di “produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope”, espressamente considerato dalla richiamata disposizione del codice di procedura penale ai fini dell’arresto in flagranza.
L’effetto ostativo – chiarisce l’art. 4 del Testo unico – vale anche se lo straniero risulti condannato a seguito di patteggiamento della pena tra le parti.
Né è conferente il richiamo alla giurisprudenza che ha ritenuto rilevante la circostanza che la sentenza di condanna ex articolo 444 del codice di procedura penale abbia concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena: la pronuncia cui fa riferimento il ricorrente (T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, 28 luglio 2003, n. 1035) riguarda infatti la sola ipotesi in cui la sentenza penale sia intervenuta prima della modifica al testo unico, apportata dall’articolo 4 della legge 30 luglio 2002, n. 189.
Nella specie invece la condanna del ricorrente è stata pronunciata nel 2006.
Nemmeno può ritenersi violato l’articolo 5 del testo unico.
Questo articolo, al comma 5, stabilisce infatti che “il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato”.
La disposizione va dunque interpretata in combinato con l’articolo 4, comma 3, dello stesso decreto legislativo che, come appena ricordato, non consente l’ingresso in Italia a chi, come il ricorrente, abbia subìto una condanna per uno dei reati previsti dall’art. 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale.
Va d’altra parte osservato che l’Amministrazione non solo ha valutato le memorie difensive prodotte dal ricorrente a seguito della comunicazione di avvio del procedimento – evidenziando nella motivazione come dalle stesse “non emergono nuovi elementi tali da consentire a questo Ufficio una diversa valutazione della posizione sul territorio dello Stato del cittadino straniero” – ma ha accertato altresì che, nel caso di specie, “non ricorrono seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato Italiano, che precludano l’adozione del provvedimento, anche considerando che lo straniero non ha legami familiari in Italia”. Nella motivazione del provvedimento l’Amministrazione ha ricordato poi che in più circostanze il ricorrente è stato deferito alla Autorità Giudiziaria per i reati di cui agli articoli 482, 624 e 625, 582 e 575 del codice penale.
2.c – Con il quarto motivo si sostiene l’illegittimità dell’articolo 4 del testo unico per contrasto con gli articoli 3, 4, 13 e 16 della Costituzione.
Anche questa censura è priva di pregio.
Essa è infatti formulata con esclusivo riferimento alle considerazioni – trascritte nel ricorso – svolte nell’ordinanza n. 32, del 22 settembre 2005, con cui il T.A.R. Friuli Venezia Giulia, in riferimento agli articoli 3, 4, 13 e 16 della Costituzione, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 4, comma 3, applicato in correlazione con i successivi articoli 5, comma 5, e 13, comma 2, lettera b), del testo unico, come modificato dalla legge 189 del 2002.
Con ordinanza n. 431 del 6-19 dicembre 2006, la Corte costituzionale ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione in quanto “le argomentazioni poste dal remittente a fondamento della presunta illegittimità costituzionale delle norme censurate, pur essendo formalmente rivolte contro la disciplina della revoca del permesso di soggiorno, si dimostrano in realtà dirette a censurare l’automatismo espulsivo che consegue alla predetta revoca”.
2.d – E’ infondato anche l’ultimo motivo con cui si lamenta la violazione dell’articolo 3, commi 3 e 4, del D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394 (“Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell’art. 1, comma 6, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286”) – nonché il difetto di motivazione e di istruttoria, lo sviamento e l’illogicità – in relazione alla mancata traduzione del provvedimento di revoca del permesso di soggiorno in una lingua conosciuta dall’interessato.

3. – Il ricorso va dunque respinto.
Considerato che le Amministrazioni intimate non si sono costituite in giudizio, non è necessario provvedere sulle spese processuali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Valle d’Aosta respinge il ricorso in epigrafe.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Aosta nella camera di consiglio del giorno 17 aprile 2008 con l’intervento dei Magistrati:
Paolo Turco, Presidente
Maddalena Filippi, Consigliere, Estensore
Fabrizio D’Alessandri, Referendario
   
   
L’ESTENSORE  IL PRESIDENTE
   
   
   
   
   
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/05/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO

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