Roma, 9 giugno 2021 – Da quando è stata ufficializzata la Brexit, il tema immigrazione si è notevolmente complicato in Gran Bretagna. Lasciando l’Unione europea, infatti, è saltato anche l’accordo di Dublino. E, di conseguenza, l’obbligo dei Paesi di primo ingresso di farsi carico delle pratiche si asilo dei richiedenti protezione internazionale. Questo significa che se un immigrato riesce a mettere piede in terra inglese, allora non può essere mandato in un altro Paese membro dell’Ue.
Brexit e immigrazione, cos’è cambiato ora
La situazione, quindi, è diventata notevolmente più complessa. Come riporta il Telegraph, secondo i dati del ministero dell’Interno inglese, solamente nell’ultimo anno 1.503 migranti hanno raggiunto le coste tramite imbarcazioni o camion. E a tutti loro è stato negato l’asilo. Nessuno, tuttavia, è stato riportato in Paesi sicuri, nonostante le richieste ritenute “inammissibili”. E questo perché a causa della Brexit, per la Gran Bretagna è caduto il trattato di Dublino che disciplina appunto l’immigrazione. Proprio per questo, nonostante il ministro Priti Patel abbia tentato di rafforzare le regole post-Brexit per far rientrare i migranti in uno dei Paesi Ue in cui è passato durante il viaggio, gli Stati membri dell’Ue non stanno accogliendo le richieste.
“L’assenza di rimpatri di coloro che sono venuti qui illegalmente da Paesi sicuri dall’inizio dell’anno sottolinea l’incapacità del governo di riprendere il controllo dei nostri confini. Cosa che avevano promesso”, ha commentato Alp Mehmet, presidente di Migration Watch UK, secondo cui “sul controllo dell’immigrazione i britannici sono stati ingannati”. Anche perchè intanto il numero di migranti che raggiungono le coste, Brexit o non Brexit, stanno aumentando notevolmente. Rispetto a un anno fa, infatti, sono arrivate oltre 4.500 persone, contro le 1.750 dello stesso periodo dell’anno scorso.
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