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Decreto Flussi, per colpa della burocrazia centinaia di lavoratori stranieri preparati lasciati senza nullaosta

Roma, 5 dicembre 2022 – Da mesi migliaia di imprenditori italiani, così come le associazioni di categoria, chiedono a gran voce al governo di accelerare i tempi e pubblicare un nuovo Decreto flussi per il 2023. La necessità, infatti, è quella di fronteggiare la carenza di manodopera di cui l’Italia soffre. Nonostante questo, però, la burocrazia, così come è adesso, continua a rallentare i tempi delle regolarizzazioni. E l’esecutivo Meloni sembra non cogliere il problema.

Decreto flussi, Tajani: “Vogliamo lavoratori già formati”

“Vorremmo avere lavoratori che arrivano nel nostro Paese già formati”, ha dichiarato il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Il nodo della questione, però, non è la formazione, ma i tempi di attesa, la documentazione soprattutto l’inadeguatezza degli uffici italiani a cui sono demandate le pratiche. La dimostrazione sono centinaia di lavoratori che, negli scorsi mesi, sono stati formati grazie a dei fondi del governo italiano e dell’Unione europea nei loro Paesi di origine. Principalmente, Stati africani.

Nonostante questo, in Italia non sono mai arrivati. E la motivazione è solamente una: dal Viminale non è mai arrivato il nullaosta, ovvero il primo passo per il datore di lavoro per poi chiedere il visto per l’ingresso legale del lavoratore prescelto. Teoricamente sarebbero dovuti essere impiegati per la stagione estiva nella riviera romagnola, o in aziende agricole per la raccolta di frutta e ortaggi. Alla fine, però, i datori di lavoro hanno dovuto rinunciare.

“Sono persone che avevano intenzione di venire a cercare lavoro in Europa. E avevano accettato di seguire questa via legale. Hanno seguito corsi di italiano ottenendo la certificazione A1. Hanno portato a termine la formazione prevista nei diversi settori per cui erano arrivate le richieste di manodopera, agricoltura, edilizia, mediazione culturale, cura della casa e della persona. Tutto vidimato dalle ambasciate italiane, e poi si sono ritrovati con niente in mano. Tanta frustrazione così come anche i datori di lavoro. E questo nonostante il decreto semplificazione che a giugno scorso aveva previsto che in 50 giorni sarebbero stati pronti nullaosta e relativo visto“, ha spiegato Marina Mazzoni, che per Arcs segue il progetto Before you go finanziato con il fondo Fami per l’asilo e la migrazione.

I dati

Arrivati a questo punto dell’anno, emerge che la percentuale di pratiche lavorate del Decreto flussi 2021 è intorno al 99%. I lavoratori stranieri effettivamente impiegati, però, su 69.000 previsti, sono stati poco più di 50.000. In generale, 4.200 sono stati i pareri negativi, 2.000 le rinunce. La mancanza di personale all’interno delle Prefetture, poi, ha rallentato ancora di più le pratiche. Dopo oltre due anni, infatti, non sono ancora riusciti a evadere le 200.000 pratiche per far emergere dal lavoro nero gli stranieri già presenti in Italia. Nemmeno gli uffici per l’impiego, tra l’altro, riescono a stabilire un numero delle quote da offrire ai Paesi stranieri, e anche questo compromette il processo.

Per tentare di sostenere le esigenze nel 2023, il Viminale conta sugli 800 contratti a termine previsti dalla nuova legge di bilancio. Di questi, 300 dovrebbero essere assunzioni nelle prefetture. E 500 al Dipartimento di pubblica sicurezza per rafforzare gli uffici immigrazione, la Direzione centrale immigrazione e la polizia di frontiera. “Un decreto flussi come quello annunciato non è altro che un’operazione ideologica che mette insieme i due nemici della destra, gli immigrati e i percettori di reddito di cittadinanza, a loro dire i fannulloni. Non è certo un progetto che va nella direzione di creare vie di ingresso legali nel nostro Paese”, ha commentato a riguardo Filippo Miraglia, responsabile immigrazione dell’Arci.

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