Consiglio di Stato, Sezione VI, Sentenza n. 3266 del 1 luglio 2008.
Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso del Questore della Provincia di Piacenza contro il cittadino iraniano che aveva richiesto il rinnovo del permesso di sogiorno per motivi di lavoro autonomo, in assenza però della condizione di reciprocità con lo Stato iraniano ai sensi dell’art. 16 delle preleggi, e perché l’art. 10 della legge 28 febbraio 1990, n. 39, che deroga a tale condizione di reciprocità, sarebbe applicabile nella sola fase di regolarizzazione delle situazioni pregresse, senza effetti per quelle successivamente venute in essere.
Le considerazioni svolte, però, evidenziano che, benché l’articolo 10 su menzionato abbia natura straordinaria, diretta in modo diretto ed immediato all’emersione dalla clandestinità degli extracomunitari presenti sul territorio dello Stato abusivamente, la scelta del legislatore di prescindere dall’esistenza della condizione di reciprocità per l’esercizio di attività commerciali da parte dello straniero non può essere interpretata in modo restrittivo e limitata ai soli casi di regolarizzazione di situazioni clandestine, ma risponde ad evidenti esigente di solidarietà sociale e di politiche di integrazioni, e deve riguardare, salva la sua manifesta irragionevolezza e arbitrarietà, tutti i cittadini extracomunitari regolarmente in Italia che vogliano intraprendere un’attività commerciale.
Ai sensi dell’art. 4 del decreto, il permesso di soggiorno, concesso per lavoro subordinato può essere convertito in permesso di soggiorno per lavoro autonomo anche quando difetti il requisito della reciprocità con lo stato di appartenenza del cittadino extracomunitario di cui all’art. 16 delle preleggi.
L’art. 10 del predetto decreto legge consentiva ai cittadini extracomunitari, che avessero regolarizzato la loro posizione relativa all’ingresso ed al soggiorno, di svolgere attività di lavoro autonomo, nel rispetto delle condizioni all’epoca vigenti, derogando espressamente al requisito della reciprocità.
Quindi da ciò dovrebbe desumersi che, mentre i cittadini extracomunitari abusivamente presenti sul territorio italiano avrebbe avuto la possibilità di svolgere un’attività commerciale a condizione di regolarizzarsi, quelli già regolarmente presenti in Italia non avrebbero mai la possibilità di modificare la propria posizione lavorativa, fissata una volta per tutte, senza possibilità di modifica, nell’originario titolo che li legittimava a soggiornare in Italia: l’inammissibilità di una simile interpretazione è sufficiente a dimostrare l’illegittimità del diniego impugnato, non essendo stata peraltro contestata la validità e la regolarità degli atti posti dall’interessato a fondamento della richiesta di trasformazione del titolo di soggiorno da lavoro subordinato in lavoro autonomo.
In conclusione, l’autorizzazione all’esercizio di attività commerciali da parte dei cittadini extracomunitari, alle condizioni all’epoca richieste, prescinde dalla sussistenza della condizione di reciprocità e deve essere concessa.
in Normativa
Consiglio di Stato: diritto a svolgere lavoro autonomo anche senza condizione di reciprocità
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