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Imbianchino–cineasta: storia di un tunisino

“Il Tarzan degli arabi” spopola tra gli immigrati. Kazamet diventa Hollywood, i suoi abitanti sono le star

Parigi – 25 luglio 2008 – Imbianchino per sopravvivere e mantenere la moglie e i cinque figli. Cineasta nel tempo libero per placare la sua smodata passione per il cinema degli anni ’70 e per i film della sua infanzia. È l’incredibile storia di Moncef Kahloucha, che da anni coinvolge gli abitanti del suo quartiere, Kazmet, il più povero di Sousse, in Tunisia. Perché è tra loro, compagni di una vita difficile dove la disoccupazione, l’alcolismo, la prigione, la prostituzione sono gli spettri del futuro più probabili, che il regista dilettante sceglie gli attori dei suoi film.

È lui l’indiscusso protagonista delle sue pellicole, che scrive, produce, dirige, monta, distribuisce e pubblicizza, girando per la città con un megafono. Li gira in Vhs – con l’aiuto di un amico specializzato in riprese di matrimoni – dove vuole, senza autorizzazioni, pagando di tasca sua, e quando per esigenze di copione ha bisogno di una casa in fiamme non esita a dar fuoco a quella di sua sorella. E se occorre il sangue delle vittime, la salsa di pomodoro costa troppo: meglio tagliuzzarsi un braccio, e usare del sangue vero. Dracula, Frankestein, Tarzan, western, storie di gangster in cui i cattivi sono eliminati con estrema violenza.

Megalomane Moncef Kahloucha lo è a detta di tutti, e anche prepotente: con le sue decisioni non si discute, ma certo è che per gli abitanti-attori di Kazmet egli rappresenta la speranza in un futuro diverso.

E per il suo primo documentario il regista Nejib Balkhabi (detto anche Belkadi) ha deciso di seguire sul set il suo collega dilettante. Un film girato in realtà due anni fa, ma uscito in questi giorni in Francia dove sta facendo clamore. Nel documentario, intitolato ‘Vhs Kahloucha’, non sono purtroppo mostrate sequenze sufficientemente lunghe per valutare il valore artistico. Ma poco importa: ce n’è abbastanza in quelle scene di ‘Tarzan degli arabi’, di cui Belkadi ha seguito le riprese, per fare andare in delirio gli emigrati tunisini di Kazmet, che passano e ripassano le cassette con i film di Kahloucha per rievocare il paese natio.

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