Corte di Cassazione, Sezione Feriale, Sentenza n. 35286 del 15 settembre 2008.
Respinto il ricorso del cittadino rumeno che, gravato da un mandato di arresto europeo da parte del Tribunale rumeno di Timisoara, si era opposto al provvedimento che disponeva la sua estradizione in Romania, al fine di scontare la pena inflittagli per il reato di guida di ebbrezza.
Il ricorrente ha opposto come motivi del ricorso la presunta equiparazione della situazione del coniuge/padre di un nascituro ovvero di un bambino minore di tre anni, a quella della donna (cittadina italiana o straniera) incinta o madre di un bambino di età inferiore ai tre anni, condizione che ne impedirebbe la consegna.
Equiparabilità giudicata essere palesemente inesistente, anche alla luce del fatto che il ricorrente è padre di un bambino con più di tre anni e che la madre non si trova in condizioni di assoluta impossibilità di "dare assistenza alla prole".
Inoltre, è stata rilevata la carenza di prova dell’autenticità originaria dei documenti costitutivi della procedura passiva di consegna instaurata in Italia da un m.a.e. emesso da altro Stato comunitario, dato l’invio avvenuto non da parte del Tribunale emanante il provvedimento, ma da parte del Ministero dell’Interno, che a sua volta ha ricevuto i documenti "senza specificazione della provenienza" e li ha ritrasmessi "via fax in forma non autentica".
Anche in questo caso, però, il motivo del ricorso non può essere preso in considerazione in quanto "in tema di mandato di arresto europeo, non costituisce presupposto per l’ammissibilità di una pronuncia positiva alla consegna l’acquisizione dell’originale o di copia autentica del mandato di arresto europeo. Ne consegue che, se non sorgono difficoltà realtive all’autenticità dei docuemnti ricevuti dall’autorità giudiziaria italiana…è sufficiente anche una copia del mandato di arresto trasmessa via fax" (sentenza Cassazione S.U. n. 4614 del 30/01/2007).
Infine, la decisione quadro del Consiglio dell’Unione alla quale il ricorrente fa riferimento, e alla quale la nostra legislazione interna non sarebbe conforme, disponendo il divieto di consegna per fini di esecuzione penale del cittadino e non anche dello straniero residente o dimorante in Italia (da ritenersi invece motivo di non consegna facoltativo), rappresenta in realtà una fonte vincolante per il diritto italiano solo per il risultato da ottenere, ma non anche per la forma e i mezzi utilizzati per raggiungerlo.
La scelta di circoscrivere la non consegna al cittadino italiano è il risultato di una opzione che il nostro legislatore ha legittimamente compiuto.
Secondo la Corte, "scelta di politica criminale rispondente ad esigenze del proprio ordinamento ed a canoni di valutazione disacrezinale immuni da possibili censure di irragionevolezza".
E’ legittimo pertanto, il provvedimento che ha negato il beneficio dell’estensione del rifiuto di consegna previsto per il cittadino italiano anche al cittadino rumeno.