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TAR Marche Sentenza 29 maggio 2008 Revoca permesso soggiorno per precedente espulsione

TAR Marche, Ancona, Sezione I, Sentenza n. 414 del 29 maggio 2008
E’ legittima la revoca del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato di un cittadino albanese, essendo stato lo stesso destinatario di una precedente espulsione.
Nella specie, il ricorrente, entrato in Italia clandestinamente, aveva ottenuto la regolarizzazione ai sensi del D.P.C.M. 16 ottobre 1998.
Tuttavia era stato oggetto di un decreto di espulsione (tra l’altro avendo false generalità) di cui non aveva mai chiesto la revoca e che era stato eseguito mediante accompagnamento coattivo alla frontiera. La richiesta di revoca, effettuata solo al momento dei rilievi dattiloscopici, è stata comunque respinta sul rilievo che il ricorrente avesse avuto una condanna per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, e che a norma del combinato disposto degli artt. 4, comma 3 e 5, comma 1, del D.Lgs. n. 286 del 1998, tale condanna (irrevocabile) è fatto ostativo all’ingresso in Italia ed al rilascio del permesso di soggiorno. Anche il decreto di espulsione, a questo punto non più contestabile, facendo pienamente stato nei confronti del ricorrente, costituisce per ciò stesso fatto ostativo all’ingresso in Italia ed al rilascio del permesso di soggiorno.
Non è possibile sostenere che trattasi di irregolarità amministrativa sanabile, che non consente la revoca del permesso di soggiorno, essendo evidente che un decreto di espulsione eseguito mediante accompagnamento coattivo alla frontiera (cui per giunta l’interessato non abbia prestato ottemperanza, facendo sollecito rientro nel territorio dello Stato italiano) non può certamente essere definito “irregolarità amministrativa sanabile”.
Per quanto riguarda la violazione del diritto al lavoro, garantito dall’art. 4 della Costituzione, non sussiste un diritto incondizionato dei cittadini stranieri extracomunitari a soggiornare ed esercitare attività lavorativa nel territorio dello Stato italiano, potendo ciò avvenire solo nel rispetto delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e la condizione degli stranieri, che non sono state osservate dal ricorrente.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 933 del 2006, proposto da:
BENDAJ Jonuz, rappresentato e difeso dall’avv. Sandro Evangelisti, elettivamente domiciliato in Ancona, alla Via Calatafimi n. 2, presso l’avv. Pietro Sgarbi;
contro
la QUESTURA di MACERATA, in persona del Questore pro-tempore, e il MINISTERO dell’INTERNO, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Ancona, presso il cui ufficio, alla Piazza Cavour n. 29, sono domiciliati ex lege;
per l’annullamento
del decreto del Questore di Macerata in data 27.6.2006, concernente revoca del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, nonché di ogni atto presupposto, connesso e conseguente.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Questura di Macerata e del Ministero dell’Interno;
Vista la propria ordinanza 21 dicembre 2006, n. 826;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 06/02/2008, il dott. Giuseppe Daniele e uditi per le parti i difensori come specificato nel relativo verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO
Con il ricorso in epigrafe indicato, il cittadino extracomunitario Bendaj Jonuz ha impugnato il decreto del Questore di Macerata in data 27.6.2006, concernente revoca del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, deducendone la illegittimità per eccesso di potere e violazione di legge sotto vari profili.
Si sono costituiti in giudizio la Questura di Macerata ed il Ministero dell’Interno, che hanno dedotto la infondatezza dei motivi del ricorso, concludendo per la reiezione.
Con ordinanza 21 dicembre 2006, n. 826 il Tribunale ha accolto l’istanza di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato.
DIRITTO
1.- Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
Il sig. Bendaj Jonuz, cittadino albanese, è entrato clandestinamente in Italia nell’anno 1998 ed è stato colpito da decreto di espulsione del Prefetto di Brindisi, avendo fornito le false generalità di Bendaj Niko; successivamente, dopo aver usufruito della sanatoria di cui al D.P.C.M. 16 ottobre 1998, ha ottenuto il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, poi rinnovato annualmente fino al 4.9.2005. Il medesimo in data 4.9.2003 è stato sottoposto a rilievi dattiloscopici, ai sensi dell’art. 5, comma 4-bis del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, a seguito dei quali l’Amministrazione di P.S. ha appurato la sussistenza del precedente decreto di espulsione emesso nei suoi confronti (con le false generalità di Bendaj Niko), eseguito mediante accompagnamento coattivo alla frontiera. Il cittadino straniero ha allora chiesto la revoca del suddetto decreto di espulsione, ma la sua istanza è stata respinta con provvedimento del Prefetto di Brindisi in data 1.4.2006, sicché il Questore di Macerata, ritenendo che fossero venuti meno i presupposti per il soggiorno del sig. Bendaj nel territorio dello stato italiano, con l’impugnato decreto in data 27.6.2006 ha disposto la revoca del permesso di soggiorno in precedenza rilasciato.
2.- Nei confronti di detto provvedimento l’interessato muove molteplici censure di violazione di legge ed eccesso di potere, che possono essere così sintetizzate:
a) l’atto impugnato deve essere ritenuto illegittimo, poiché la “sanatoria” di cui al D.P.C.M. 16 ottobre 1998, di cui ha usufruito il ricorrente, non era impedita dalla sussistenza di un precedente decreto di espulsione, e comunque la circostanza rientra tra le irregolarità amministrative sanabili;
b) il comportamento dell’Amministrazione è illogico e contraddittorio, poiché soltanto nel 2006 viene disposta la revoca del permesso di soggiorno in possesso del ricorrente, benché fin dal 4.9.2003 (data in cui furono eseguiti gli accertamenti dattiloscopici) fosse nota la sussistenza del precedente decreto di espulsione, e nel frattempo il titolo di soggiorno sia stato più volte rinnovato;
c) sussiste contraddittorietà fra la determinazione emessa dalla Questura di Macerata e quanto asserito dalla Prefettura di Brindisi, che con nota del 9.5.2005 aveva ritenuto necessaria la revoca del permesso di soggiorno rilasciato ai sensi del D.P.C.M. 16 ottobre 1998;
d) la revoca del permesso di soggiorno integra anche una violazione del diritto al lavoro, costituzionalmente garantito, poiché il ricorrente è attualmente titolare di un regolare contratto di lavoro.
3.- Tali censure sono destituite di fondamento. Osserva il Collegio che ai sensi dell’art. 5, comma 5, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (nel testo vigente all’epoca della emanazione dell’atto impugnato) “il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 22, comma 9, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili”.
Nella fattispecie, è ben vero che il ricorrente aveva ottenuto la regolarizzazione ai sensi del D.P.C.M. 16 ottobre 1998, tuttavia non aveva mai chiesto la revoca del decreto di espulsione emesso nei suoi confronti (con le false generalità di Bendaj Niko) in data 29.7.1998 dal Prefetto di Brindisi, ed eseguito mediante accompagnamento coattivo alla frontiera. La sussistenza di detto provvedimento è emersa a seguito dei rilievi dattiloscopici cui l’interessato è stato sottoposto in data 4.9.2003, ed a questo punto il Bendaj ne ha chiesto la revoca, ma tale istanza è stata respinta dal Prefetto di Brindisi con decreto in data 1.4.2006, sul rilievo che il ricorrente era stato condannato con sentenza del Tribunale di Brindisi n. 618/98 del 27.9.2008 per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, e che a norma del combinato disposto degli artt. 4, comma 3 e 5, comma 1, del D.Lgs. 286 del 1998, tale condanna (irrevocabile) è fatto ostativo all’ingresso in Italia ed al rilascio del permesso di soggiorno. Il provvedimento del Prefetto di Brindisi, da ultimo menzionato, non è stato oggetto di specifica impugnazione da parte del sig. Bendaj (che con il ricorso in esame si limita a contestare la legittimità del decreto del Questore di Macerata in data 27.6.2006) sicché il precedente decreto di espulsione adottato in data 29.7.1998, ed eseguito mediante accompagnamento coattivo alla frontiera, non è più contestabile e fa pienamente stato nei suoi confronti, costituendo fatto ostativo all’ingresso in Italia ed al rilascio del permesso di soggiorno (in disparte la condanna penale per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina), onde legittimamente il Questore di Macerata ha disposto la revoca del titolo di soggiorno in possesso del Bendaj, in applicazione dell’art. 5, comma 5, del D.Lgs. n. 286 del 1998.
Né è possibile sostenere che trattasi di irregolarità amministrativa sanabile, che non consente la revoca del permesso di soggiorno, essendo evidente che un decreto di espulsione eseguito mediante accompagnamento coattivo alla frontiera (cui per giunta l’interessato non abbia prestato ottemperanza, facendo sollecito rientro nel territorio dello Stato italiano) non può certamente essere definito “irregolarità amministrativa sanabile”.
4.- Neppure può sostenersi che il comportamento dell’Amministrazione sia illogico e contraddittorio, avendo consentito al sig. Bendaj di rinnovare la validità del permesso di soggiorno, benché fosse a conoscenza dell’esito degli accertamenti dattiloscopici, e della sussistenza del precedente decreto di espulsione. Va infatti osservato che il ritardo nella emanazione dell’impugnato decreto di revoca è stato causato dalla necessità di consentire all’interessato di chiedere al Prefetto di Brindisi la revoca del decreto di espulsione ostativo alla sua permanenza nel territorio dello Stato, sicché nessuna illogicità o contraddittorietà è ravvisabile nella circostanza che “medio tempore” la P.A. abbia disposto il rinnovo del titolo di soggiorno.
5.- Destituite di fondamento sono anche le argomentazioni volte ad evidenziare la contraddittorietà fra la determinazione assunta dal Questore di Macerata e quanto asserito dalla Prefettura di Brindisi con nota in data 20.5.2005, con cui era stato affermato che “Si ritiene invece che, essendo, come rilevato da codesta Questura, il secondo ingresso del Bendaj in Italia illegittimo per violazione dell’art. 11 legge 40/98, è illegittimo lo stesso provvedimento di applicazione della sanatoria ex D.P.C.M. 16.10.1998, e quindi preliminarmente codesta Questura deve revocare il permesso di soggiorno allora rilasciato. Senza tale adempimento, il permesso di soggiorno (atto esecutorio come ogni atto amministrativo), mantiene la sua efficacia, rendendo legittima la presenza del Bendaj in Italia e quindi doverosa la revoca del decreto di espulsione”.
In disparte la natura vincolata dell’atto impugnato in questa sede, la contraddittorietà asserita dal ricorrente deve essere esclusa, alla luce del successivo provvedimento della Prefettura di Brindisi in data 1.4.2006 con il quale, nel respingere l’istanza di revoca del decreto di espulsione presentata dall’interessato, è stato affermato che “non è rilevante il fatto che il Bendaj abbia fruito della regolarizzazione ex D.P.C.M. 16.10.1998, in quanto l’art. 5, 9° comma Decreto Legislativo 286/98 prevede la revoca del permesso di soggiorno (o il diniego di rinnovo) quando vengano a mancare i requisiti di esso, e tale revoca è atto dovuto, tranne che la mancanza dei requisiti del permesso di soggiorno non sia solo una irregolarità amministrativa sanabile, ovvero siano sopraggiunti nuovi elementi che consentano il rilascio del permesso, cioè ad es. motivi umanitari (art. 18 Decreto Legislativo 286/98) o divieto di espulsione (art. 19) o ricongiungimento familiare (art. 29)”.
6.- Quanto poi alla violazione del diritto al lavoro, garantito dall’art. 4 della Costituzione, va osservato che non sussiste un diritto incondizionato dei cittadini stranieri extracomunitari a soggiornare ed esercitare attività lavorativa nel territorio dello Stato italiano, potendo ciò avvenire solo nel rispetto delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e la condizione degli stranieri, che non sono state osservate dal ricorrente.
7.- Da ultimo la difesa del ricorrente – nella memoria conclusiva depositata il 14.1.2008 – richiama le disposizioni più favorevoli introdotte dal D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5, che ha apportato alcune modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in particolare per quanto concerne il rilascio, la revoca o il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno, ed il ricongiungimento familiare.
Osserva il Collegio che il procedimento amministrativo è regolato dal principio “tempus regit actum” e ciò comporta che la legittimità di un provvedimento amministrativo va valutata in relazione alle norme vigenti al tempo in cui lo stesso è stato adottato, onde l’impugnato decreto del Questore di Macerata in data 27.6.2006 non può essere ritenuto illegittimo per effetto delle disposizioni del D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5, emanate successivamente; resta peraltro salva la facoltà dell’Amministrazione di prendere in esame la posizione dell’interessato ai fini di valutare se sussista la possibilità di consentire la sua permanenza nel territorio dello Stato italiano ai sensi delle disposizioni da ultimo menzionate.
8.- Per le argomentazioni che precedono il ricorso deve essere respinto; cessano, conseguentemente, gli effetti dell’ordinanza 21 dicembre 2006, n. 826, emessa dal Tribunale in sede cautelare.
9.- Si ravvisano ragioni per compensare tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale delle Marche respinge il ricorso in epigrafe indicato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Ancona, nella camera di consiglio del giorno 06/02/2008, con l’intervento dei Magistrati:
Vincenzo Sammarco, Presidente
Giuseppe Daniele, Consigliere, Estensore
Galileo Omero Manzi, Consigliere
   
   
L’ESTENSORE  IL PRESIDENTE
   
   
   
   
   
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/05/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO

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