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TAR Piemonte Sentenza 22 settembre 08 Illegittimo negare pds: obiettivo ridurre stranieri in Italia

TAR Piemonte, Torino, Sezione II, Sentenza n. 1963 del 22 settembre 2008
Il cittadino ricorrente, secondo la Questura di Novara, non avrebbe diritto a regolarizzare la sua posizione in Italia in quanto in considerazione di alcuni pregiudizi (segnalazione per violazione leggi di P.S., denuncia per furto), egli sarebbe "(…) abitualmente dedito alla commissione di reati contro la persona, il patrimonio e la detenzione di stupefacenti", essendo inoltre stato precedentemente espulso.
In realtà, quanto alla dedotta attuale pericolosità del ricorrente quale persona "abitualmente dedita alla commissione di reati", il decreto impugnato non offre in realtà alcuna valida motivazione.
Il mero riferimento ad una condanna del 1994 (senza alcuna indicazione in punto pena inflitta ed eventuale concessione o meno del beneficio della sospensione condizionale) nonché ad una segnalazione ad una denuncia per furto entrambe del 1995, se già non dimostrano la pericolosità del ricorrente in allora, tantomeno comprovano la sua odierna qualità di delinquente abituale.
La risalenza nel tempo dei citati elementi indiziari impedisce di ritenere integrata una valida motivazione in ordine a tale dedotta attuale qualità.
Il decreto impugnato é altresì illegittimo per palese travisamento del fatto come già puntualmente evidenziato dal Tribunale di Novara nel provvedimento 2/11/99 con il quale é stata annullata l’espulsione emessa a carico del ricorrente.
In aggiunta si consideri: il cittadino, che ha richiesto il permesso di soggiorno, vive in Italia dal 1990 e durante questo lungo periodo egli ha sempre lavorato sia in "nero" sia per lunghi periodi in regola.
Egli é perfettamente inserito nel contesto sociale del paese ove vive (Agrate Conturbia) ed ivi nel 1998 ha acquistato anche un alloggio accendendo apposito mutuo, le cui rate sono state ad oggi sempre onorate, a conferma che l’odierno ricorrente lavorava e lavora tuttora.
Sotto questo profilo quindi il decreto impugnato può ritenersi viziato perché manifestamente ingiusto essendo all’evidenza diretto non tanto a valutare con imparzialità la complessiva situazione personale dell’odierno ricorrente, quanto al mal celato obiettivo di ridurre a tutti i costi il numero degli stranieri in Italia disattendendo totalmente la ratio della normativa sulla c.d. regolarizzazione.

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 2290 del 1999, proposto da:
ED DAHBI HAFID, rappresentato e difeso dagli avv.ti Fabrizio Cardinali e prof. Carlo Emanuele Gallo, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Torino, via Palmieri, 40;
contro
MINISTERO DEGLI INTERNI – Questura di Novara, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino presso la quale domicilia in corso Stati Uniti n. 45;
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia,
del decreto in data 4/10/99 (notificato il 19/10/99) con il quale il Questore di Novara ha rigettato l’istanza presentata da Ed Dahbi Hafid e diretta ad ottenere il rilascio del permesso di soggiorno per regolarizzare ex D.P.C.M. 16/10/98.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18/06/2008 il dott. Francesco Brandileone e comparso l’avv. Gallo per il ricorrente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO
Il ricorrente, di nazionalità marocchina, presentava in data 10/12/98 richiesta di regolarizzazione ex DPCM 16/10/98, allegando all’istanza i documenti richiesti.
Con provvedimenti in data 19/10/99 il Prefetto di Novara, su segnalazione della Questura, decretava l’espulsione di Ed Dahbi Hafid dal territorio nazionale e, contestualmente, il Questore emetteva e notificava il provvedimento di rifiuto dell’istanza di regolarizzazione indicato in epigrafe.
Avverso l’espulsione Ed Dahbi Hafid proponeva ricorso al Tribunale di Novara, in funzione di Giudice monocratico ex art. 13 co. 8 D.L.vo 25/7/99 n. 286 che, con provvedimento 2/11/99 annullava il decreto di espulsione
Con il ricorso in esame parte ricorrente impugna il suddetto provvedimento di rigetto dell’istanza di regolarizzazione per i seguenti motivi:
1) Eccesso di potere per difetto di motivazione (A), palese travisamento del fatto (B) ed ingiustizia manifesta (C).
Ed Dahbi Hafid non avrebbe diritto a regolarizzare la sua posizione in Italia in quanto in considerazione di alcuni pregiudizi (sentenza 22/12/94 del Tribunale di Busto Arsizio, segnalazione in data 11/01/99 per violazione leggi di P.S., denuncia in data 20/03/95 per furto), egli sarebbe "(…) abitualmente dedito alla commissione di reati contro la persona, il patrimonio e la detenzione di stupefacenti".
A) Quanto alla dedotta attuale pericolosità dell’Ed Dahbi quale persona "abitualmente dedita alla commissione di reati" il decreto impugnato non offre in realtà alcuna valida motivazione.
Il mero riferimento ad una condanna del 1994 (senza alcuna indicazione in punto pena inflitta ed eventuale concessione o meno del beneficio della sospensione condizionale) nonché ad una segnalazione ad una denuncia per furto entrambe del 1995, se già non dimostrano la pericolosità del ricorrente in allora, tantomeno comprovano la sua odierna qualità di delinquente abituale.
La risalenza nel tempo dei citati elementi indiziari impedisce di ritenere integrata una valida motivazione in ordine a tale dedotta attuale qualità.
B) Sotto questo profilo il decreto impugnato é altresì illegittimo per palese travisamento del fatto come già puntualmente evidenziato dal Tribunale di Novara nel provvedimento 2/11/99 con il quale é stata annullata l’espulsione emessa a carico dell’Ed Dahbi (cfr. all. 3 pag. 2-3 del provvedimento citato) (cfr. in particolare l’allegata copia della sentenza del GIP presso il Tribunale di Busto Arsizio concessiva al ricorrente del beneficio della sospensione condizionale sulla mite condanna inflittagli, con le conseguenze di cui all’art. 166 cpv c.p.) (all. 4).
C) In aggiunta si consideri: Ed Dahbi Hafid vive in Italia dal 1990 e durante questo lungo periodo egli ha sempre lavorato sia in "nero" sia per lunghi periodi in regola.
Egli é perfettamente inserito nel contesto sociale del paese ove vive (Agrate Conturbia) ed ivi nel 1998 ha acquistato anche un alloggio accendendo apposito mutuo presso la Cariplo, filiale di Varallo Pombia, le cui rate sono state ad oggi sempre onorate, a conferma che l’odierno ricorrente lavorava e lavora tuttora.
Sotto questo profilo quindi il decreto impugnato può ritenersi viziato perché manifestamente ingiusto essendo all’evidenza diretto non tanto a valutare con imparzialità la complessiva situazione personale dell’odierno ricorrente, quanto al mal celato obiettivo di ridurre a tutti i costi il numero degli stranieri in Italia disattendendo totalmente la ratio della normativa sulla c.d. regolarizzazione.
2) violazione di legge (D.P.C.M. 16110/1998) e contestuale eccesso di potere per travisamento del fatto e difetto di motivazione.
L’odierno ricorrente non avrebbe diritto a regolarizzarsi in quanto "(…) il proponente l’assunzione, ha comunicato che il cittadino marocchino Ed Dahbi Hafid, dopo la presentazione della documentazione, relativa all’assunzione, presso l’ufficio Provinciale del Lavoro si é reso irreperibile".
In punto, anche a voler prescindere dalla assoluta non veridicità di tale assunto (cfr. l’all. n. 12) (per quale motivo l’Ed Dahbi che ha sempre lavorato ed ha oggi un mutuo da pagare dovrebbe volontariamente smettere di lavorare?), vale osservare:
il D.P.C.M. 16/10/98 pur prevedendo tra i requisiti richiesti all’atto della presentazione della domanda di regolarizzazione l’esistenza di un contratto di lavoro nulla dice per l’eventualità in cui nelle more del rilascio del permesso di soggiorno, venga meno la possibilità dell’assunzione.
In assenza di espressa volontà del legislatore la sopravvenuta mancata formalizzazione del rapporto di lavoro non comporta automaticamente il diniego della regolarizzazione.
II D.lg.vo 25/7/98 n. 286 all’art. 22 prevede infatti che la perdita del posto di lavoro non costituisce motivo per privare il lavoratore extracomunitario del permesso di soggiorno c che il lavoratore straniero in questi casi possa essere iscritto nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno e, comunque, per un periodo non inferiore ad un anno. E’ proprio in forza di tale norma, applicabile per analogia in assenza di specifiche ulteriori indicazioni normative, che anche nell’ambito della procedura di regolarizzazione ex DPCM 16/10/98, lo straniero che tra la richiesta ed il rilascio del permesso perde lavoro ha comunque diritto, sussistendo altri requisiti (prova della presenza in Italia, disponibilità di un alloggio), ad ottenere un permesso di soggiorno quantomeno di un anno per "iscrizione al collocamento".
La contraria determinazione del Questore deve pertanto ritenersi censurabile.
Peraltro pare evidente come la circostanza della asserita perdita volontaria del lavoro da parte dell’Ed Dahbi venga citata dal Questore quale conferma "aliunde" della sua dedotta pericolosità. Anche sotto questo profilo il decreto deve ritenersi censurabile per le ragioni contenute nel già menzionato provvedimento di annullamento dell’espulsione cui integralmente ci si riporta (all. 3) secondo il quale la mancanza di un’attività lavorativa documentata non può comunque essere sintomatica dell’attuale pericolosità del ricorrente, attese la sua comprovata odierna condotta e condizioni di vita individuali e sociali.
Si costituisce in giudizio l’Amministrazione resistente che nel controdedurre alle censure di gravame chiedono la reiezione del ricorso.
All’odierna udienza pubblica il ricorso è stato trattenuto in decisione;
DIRITTO
Fondata ed assorbente si appalesa la doglianza con la quale parte ricorrente deduce il difetto di motivazione dell’atto impugnato posto che lo stesso si fonda sul mero riferimento ad una condanna penale e ad una segnalazione all’A.G. senza che dall’atto medesimo possa essere desunta prima facie il giudizio di pericolosità sociale operata dall’Amministrazione resistente.
Quanto sopra è altresì avvalorato dalla circostanza procedimentale, fattuale e giurisdizionale che nelle more del giudizio è intervenuto l’annullamento del decreto di espulsione adottato sempre nei confronti di parte ricorrente poggiante la sua ragion d’essere negli stessi presupposti di fatto e di diritto dell’atto impugnato.
Ed invero il Tribunale di Novara nel disporre l’annullamento dell’atto di espulsione ha avuto modo di ribadire che “… il provvedimento impugnato debba essere annullato palesandosi insufficienti gli elementi posti a base dello stesso per fondare il giudizio di pericolosità sociale dell’Ed Dhabi”.
Nel provvedimento si legge che si tratta di persona pericolosa per l’ordine e la sicurezza pubblica in quanto a suo carico risultano una sentenza di condanna del G.I.P. presso il Tribunale di Busto Arsizio per ratto a fine di libidine, lesioni personali guida in stato di ebbrezza in conseguenza di assunzione di sostanze stupefacenti e violazione alla legge sulle armi; segnalazione in data 11.1.1995 alla questura di Pavia per violazione alle leggi di P.S.; denuncia in data 20.3.1995 dei Carabinieri di Rho per fiuto di autovettura ed, infine, perchè dopo aver presentato la documentazione relativa all’assunzione presso l’Ufficio Provinciale del Lavoro si era reso irreperibile.
“Le suddette argomentazioni non sono sufficienti a fondare un giudizio attuale di pericolosità sociale del ricorrente.
“In particolare i fatti di cui alla sentenza del G.I.P. presso il Tribunale di Busto Arsizio sono di non eccessiva gravità e lo stato di ebbrezza sotto l’effetto del quale sono stati commessi era dovuto ad abuso di sostanze alcoliche e non già di sostanze stupefacenti.
“Inoltre l’Ed Dhabi è stato riconosciuto meritevole delle circostanze attenuanti generiche e della concessione della sospensione condizionale della pena, elementi questi che contrastano con il quadro di pericolosità prospettato nel decreto di espulsione.
“Comunque i reati risalgono al 1994 e, dunque, come la segnalazione e la denuncia del 1995 non possono essere sintomatici dell’attuale pericolosità del ricorrente, così come non lo può essere la mancanza di un attività lavorativa ,documentata…..”
Sulla base delle suesposte considerazioni il ricorso va accolto e per l’effetto va annullato l’atto impugnato, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.
Sussistono giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte – 2^ Sezione, definitivamente pronunciandosi sul ricorso indicato in epigrafe, lo accoglie e per l’effetto annulla l’atto impugnato, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 18/06/2008 con l’intervento dei Magistrati:
Giuseppe Calvo, Presidente
Francesco Brandileone, Consigliere, Estensore
Fabrizio Fornataro, Referendario
   
   
L’ESTENSORE  IL PRESIDENTE
   
   
   
   
   
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/09/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO

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