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Carceri. Alfano: “Difficile rimpatriare i detenuti stranieri”

Sovraffollamento, lentezze burocratiche e criticità. Il Sappe: "Trattati bilaterali sono troppo buoni" Roma – 13 luglio 2010 – “I trattati bilaterali sul  trasferimento dei detenuti stranieri nelle carceri dei loro Paesi  non stanno funzionando, poiché serve sempre il consenso dei  detenuti”. Così il Ministro della Giustizia, Angelino Alfano, sullo stato delle carceri italiane, durante il convegno sull’attività internazione dl Csm tenutasi ieri a Palazzo dei Marescialli.

Per il Guardasigilli, il tema delle carceri è ”un problema  europeo: il fatto che in Italia ci siano molti detenuti stranieri che  nella maggior parte dei casi si rifiutano di firmare per scontare la  pena nel loro Paese -ha concluso- vuol dire da un lato che le nostre  carceri, nonostante i disagi vengono viste come approdo sicuro,  preferibili ai penitenziari del loro Paese d’origine ma significa anche che i trattati bilaterali non stanno funzionando.

Attualmente, secondo i dati del Ministero della Giustizia nelle carceri italiane sono presenti  quasi 25mila stranieri su 68mila detenuti (oltre il 30%), e solo la metà sono condannati in via definitiva. I più numerosi sono i marocchini, seguiti da rumeni, tunisini e albanesi, comunità che raccolgono oltre la metà dei detenuti stranieri.

Secondo il Sappe (Sindacato autonomo della polizia penitenziaria) è necessario rivedere certe norme eccessivamente “garantiste” e la presenza di stranieri è uno dei punti critici del sistema carcerario italiano. "Non è possibile che chi si e’ reso responsabile di reati in Italia, più o meno gravi, abbia la facoltà di decidere come e dove scontare la propria pena” ha commentato Donato Capece, segretario generale del sindacato.

“Lo scorso anno, ben 3.688 su 5.714 atti autolesionistici sono stati compiuti da detenuti stranieri" sottolinea ancora Capece. “Le motivazioni sono varie: esasperazione, disagio, l’impatto con la natura dura e spesso violenta del carcere, insofferenza per le lentezze burocratiche, convinzione che i propri diritti non siano rispettati, voglia di uscire anche per pochi giorni, anche solo per ricevere delle cure mediche. Ecco queste situazioni di disagio si accentuano per gli immigrati, che per diversi problemi legati alla lingua e all’adattamento”.

Marco Iorio

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