Stop a chiusura frontiere come Francia fece con Italia nel 2011
Bruxelles, 31 maggio 2013 – Le tre istituzioni europee, Consiglio Ue, Parlamento europeo e Commissione, hanno raggiunto un accordo informale a Bruxelles per 'comunitarizzare', almeno in parte, la 'governance' dello spazio di Schengen, che è stata finora gestita in una logica prevalentemente intergovernativa dai paesi membri, in particolare per quanto riguarda la reintroduzione provvisoria dei controlli di frontiera sulle persone in caso di minacce all'ordine pubblico e pressioni migratorie eccezionali e incontrollabili.
Con le modifiche concordate alle norme di Schengen, che saranno adottate formalmente con un voto della plenaria dell'Europarlamento a giugno, non sarà più possibile che uno Stato membro decida unilateralmente di chiudere le sue frontiere con un altro paese dell'Ue, come fece la Francia nel marzo-aprile del 2011 per arginare gli ingressi di immigrati tunisini in fuga dal loro paese, approdati in Italia durante i disordini della 'primavera araba'. In caso del genere (pressioni eccezionali alle frontiere esterne), il paese sotto pressione non potrà prendere misure autonomamente, ma dovrà aspettare che la Commissione europea valuti la situazione e faccia una proposta, che dovrà essere approvata dalla maggioranza qualificata degli Stati membri.
La Commissione, in questo caso, potrà esercitare il suo ruolo di guardiana del diritto comunitario, potendo controllare la corretta applicazione delle norme Ue, con il potere di aprire procedure d'infrazione a carico dello Stato membro eventualmente inadempiente, fino al ricorso in Corte europea di Giustizia. L'Esecutivo comunitario, inoltre, effettuerà controlli e missioni alle frontiere esterne, anche senza preavviso, e pubblicherà dei rapporti regolari (due volte all'anno) sul funzionamento del sistema, potendo proporre misure per migliorarne l'efficacia. Finora, i controlli erano affidati agli stessi Stati membri, in una logica 'fra pari' che non garantiva l'indipendenza delle valutazioni.
La parte che resta meno 'comunitarizzata' (e praticamente simile al sistema attuale) è quella relativa alla facoltà che gli Stati membri hanno di reintrodurre controlli temporanei alle frontiere in caso di minaccia all'ordine pubblico e alla sicurezza interna, come nel caso di grandi eventi sportivi (in cui si voglia, ad esempio, controllare l'ingresso di 'hooligans' nel paese in questione) o di visite di capi di Stato stranieri e riunioni internazionali come il G8 o altri eventi, ove ci fosse il pericolo di proteste violente (come quelle del Black Blok a Genova) o di atti terroristici. In questi casi, lo Stato membro interessato potrà prendere misure unilaterali, che comunque dovrà notificare alla Commissione europea.
Quest'ultima potrà, in seconda battuta, giudicare se le misure sono proporzionate ed eventualmente chiederne l'abolizione, o anche – se il paese interessato ne dimostra la necessità – approvare una proroga oltre il limite iniziale di sei mesi per i controlli alle frontiere. Il Parlamento europeo, che avrebbe voluto essere coinvolto nel nuovo sistema con potere di co-decisione, è riuscito a strappare solo un impegno politico degli Stati membri a consultarlo, ma non ha ottenuto i poteri vincolanti che chiedeva per la gestione del sistema, perché sarebbero andati oltre quanto è previsto dal Trattato Ue di Lisbona.