Sondaggio Swg per Donna Moderna. Tre proposte di legge in Parlamento Roma – 14 ottobre 2009 – Giusto vietare per legge l’utilizzo del burqa in pubblico? Il 71% degli italiani dice sì, solo il 29% è contrario, secondo un sondaggio condotta da Swg per Donna Moderna, che verrà pubblicato domani sul nuovo numero del settimanale.
Con la maggioranza degli intervistati concorda Emma Bonino, vicepresidente del Senato (Radicali), che dichiara al settimanale Mondadori: ”Nella nostra civiltà giuridica ognuno di noi risponde dei propri comportamenti pubblici”.
"Non a caso -rileva- diciamo ”metterci la faccia” per esprimere la massima assunzione di responsabilità. Di conseguenza, chiunque si renda irriconoscibile in pubblico, che lo faccia con il burqa o con il passamontagna, si scontra con uno dei pilastri della nostra convivenza. In Italia esiste una legge che vieta di portare qualsiasi indumento che impedisca di identificare una persona: non serve farne una speciale per il burqa, come propone la Lega”.
Anche Il vicepresidente della Camera (Pd) Rosy Bindi dice di essere “contraria al burqa, perchè lo giudico una forma di oppressione delle donne, un simbolo che umilia”.
“Fatta questa premessa, – aggiunge però Bindi – non possiamo però usare la repressione, con una legge che prevede persino il carcere, per liberare le musulmane da un abito che le imprigiona. Se ne libereranno da sole, se saranno aiutate dalla nostra società a integrarsi e a convivere con valori e costumi differenti, in un clima di tolleranza e scambio reciproco. La proposta della Lega, in realtà, è un’ulteriore forma di intolleranza verso l’immigrazione”.
Le proposte di legge
Sono tre le proposte in Parlamento che metterebbero fuori legge il burqa o il niqab (che lascia scoperti solo gli occhi).
Il testo firmato dalla deputata Pdl Souad Sbai vieta “l’utilizzo degli indumenti femminili in uso presso le donne di religione islamica denominati burqa e niqab”. Roberto Cota e altri leghisti vogliono invece bandire “ogni mezzo che non renda visibile l’intero volto, in luogo pubblico o aperto al pubblico, inclusi gli indumenti indossati in ragione della propria affiliazione religiosa".
A Palazzo Madama non è ancora iniziata la discussione sulla proposta presentata da Emanuela Baio e altri senatori del Partito Democratico. Questa specifica che “in luogo pubblico o aperto al pubblico, i segni e gli abiti che, liberamente scelti, manifestino l’appartenenza religiosa devono ritenersi parte integrante degli indumenti abituali, a condizione che la persona mantenga il volto scoperto e riconoscibile”.
Elvio Pasca