La Corte di Giustizia dice che “né il Consiglio europeo né alcun’altra istituzione dell’Unione ha deciso di concludere un accordo con il governo turco in merito alla crisi migratoria”. E quindi non può valutare i ricorsi
Lussemburgo – 1 marzo 2017 – L’accordo tra l’Ue e la Turchia in realtà non è un accordo tra l’Ue e la Turchia, ma tra i singoli stati europei e la Turchia. Lo ha detto ieri la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, dichiarandosi “incompetente” a valutare i ricorsi di chi ne sconta le conseguenze.
Due cittadini pakistani e un cittadino afgano erano infatti riusciti ad arrivare in Grecia e a presentare domanda d’asilo. In caso di bocciatura, rischiavano però di essere rimandati in Turchia, proprio alla luce dell’accordo siglato a Bruxelles nel marzo 2016 tra i capi di stato e di governo europei e l’allora primo ministro turco Ahmet Davutoğlu.
I tre hanno presentato ricorso alla Corte di Giustizia, contro quello che ritenevano un accordo internazionale che il Consiglio europeo, in quanto istituzione che agisce a nome dell’Unione, avrebbe concluso con la Repubblica di Turchia. Secondo loro, l’accordo violava le norme del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea relative alla conclusione di accordi internazionali da parte dell’UE.
Secondo la Corte, però, gli elementi di prova forniti dal Consiglio europeo, relativi alle riunioni condotte nel corso del tempo, nel 2015 e nel 2016, tra i capi di Stato o di governo degli Stati membri e il loro omologo turco in merito alla crisi migratoria, dimostrano che non è l’Unione, bensì i suoi Stati membri, in quanto soggetti di diritto internazionale, ad aver condotto negoziati con la Turchia in tale settore, e ciò anche il 18 marzo 2016.
Vari documenti ufficiali prodotti dal Consiglio europeo “attestano che il 17 e il 18 marzo 2016 due eventi separati sono stati organizzati in parallelo presso la sede di tale istituzione a Bruxelles, in presenza dei rappresentanti degli Stati membri dell’Unione riuniti a livello di capi di Stato o di governo. Tali due eventi hanno seguito procedimenti distinti sul piano giuridico, protocollare e organizzativo”.
Da un lato, una sessione del Consiglio europeo, in quanto istituzione dell’Unione, si è tenuta il 17 marzo con la partecipazione di detti rappresentanti degli Stati membri che agivano in qualità di membri di tale istituzione. Dall’altro, un vertice internazionale ha avuto luogo il giorno successivo in presenza del Primo ministro della Repubblica di Turchia e di questi stessi rappresentanti degli Stati membri, che, questa volta, agivano in qualità di capi di Stato o di governo. È in quest’ultima qualità, rileva la Corte, che il 18 marzo 2016 i capi di Stato o di governo degli Stati membri hanno incontrato il loro omologo turco in merito alla crisi migratoria e hanno proceduto all’adozione della “dichiarazione UE-Turchia“.
Di conseguenza, secondo la Corte, né il Consiglio europeo né alcun’altra istituzione dell’Unione ha deciso di concludere un accordo con il governo turco in merito alla crisi migratoria. In mancanza di un atto di un’istituzione dell’Unione di cui possa sindacare la legittimità ai sensi dell’articolo 263 TFUE, il Tribunale si dichiara incompetente a conoscere dei ricorsi dei tre richiedenti asilo e a pronunciarsi sulla legittimità di un accordo internazionale concluso dagli Stati membri.
Ecco il testo integrale delle tre ordinanze della Corte di Giustizia: T-192/16, T-193/16, T-257/16