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Bologna. Asili nido vietati ai clandestini

Il Comune applica la nuova legge sulla sicurezza, in controtendenza con altre città. "Bambini discriminati"

Roma – 8 aprile 2010 – Si aprono oggi a Bologna le iscrizioni ai nidi d’infanzia per il prossimo anno. Mamme e papà stranieri potranno però chiedere un posto per i loro bambini solo se sono in regola con il permesso di soggiorno.

“I cittadini non comunitari dovranno esibire all’atto della presentazione della domanda la documentazione attestante la regolarità del soggiorno sul territorio italiano. In mancanza  della documentazione, la domanda incompleta e priva dei requisiti necessari all’iscrizione non potrà essere accolta” recita il bando.

Il comune guidato dal commissario prefettizio Anna Maria Cancellieri, ha deciso di applicare così la nuova legge sulla sicurezza in vigore dallo scorso agosto, secondo la quale il permesso di soggiorno va sempre esibito per accedere ai servizi pubblici, ad eccezione di quelli attinenti le prestazioni sanitarie e le “prestazioni scolastiche obbligatorie”. Non essendo i nidi scuole dell’obbligo, è il ragionamento, per l’iscrizione serve il permesso.

La scelta di Bologna è diversa da quella fatta nell’hinterland, come a Casalecchio, o anche in altri grandi comuni italiani, come Genova, Firenze e Torino, dove gli asili nido sono aperti anche ai figli dei clandestini. Proprio a Torino era intervenuto qualche giorno fa il prefetto per spiegare che il diritto all’istruzione va garantito nelle scuole di ogni ordine e grado, non solo in quelle dell’obbligo.

Protestano Cgil, Cisl e Uil, che chiedono ”un orientamento coerente con la cultura deiservizi che connota la città”, e il sindacato di base Rdb parla di ”una decisione che nega le pari opportunità ai bambini e alle famiglie e ha un sapore razzista”. Per Sandra Zampa, parlamentare del Pd e membro della Bicamerale Infanzia, “prendersela con bambini così piccoli, negando loro il diritto a frequentare la scuola, a vivere con i coetanei le prime esperienze di scolarizzazione e dunque di integrazione, significa privarli del diritto del minore ad avere pari trattamento”.

Elvio Pasca

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