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Cittadinanza. In Aula la riforma per le seconde generazioni (non tutte)

Da oggi alla camera si discute il testo approvato in commissione. Rischiano di rimanere fuori i ragazzi nati e o cresciuti in Italia ormai maggiorenni

 

 

 

Roma – 28 settembre 2015 – Giorni decisivi per la riforma della cittadinanza. Il testo licenziato giovedì scorso dalla commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati arriva finalmente in Aula, che lo discuterà a partire da oggi per approvarlo e inviarlo al Senato. 

A “difendere” davanti ai colleghi l’accordo trovato all’interno della maggioranza sarà la relatrice Marilena Fabbri, deputata del Partito Democratico. Dall’altro lato ci saranno invece i relatori di minoranza, Ignazio la Russa per Forza Italia, e Cristian Invernizzi per la Lega Nord. 

Forza Italia è fondamentalmente contraria allo “ius soli”, è pronta a far diventare italiani i bambini nati qui solo quando compiono sedici anni e se hanno completato la scuola dell’obbligo. La Lega Nord pare invece intenzionata ad affossare completamente la riforma e vorrebbe anzi rendere le regole attuali ancora più severe introducendo, ad esempio, un test di cittadinanza.  Il Movimento 5 Stelle finora non è intervenuto alla discussione in Commissione, probabile che scopri le sue carte in Aula. 

Il testo uscito dalla Commissione, sul quale si confronteranno a partire da oggi pomeriggio i deputati, prevede che siano italiani bambini nati qui solo se uno dei genitori ha la carta di soggiorno. Altrimenti, così come i bambini arrivati in Italia entro i 12 anni, dovranno prima frequentare uno o più cicli scolastici per almeno 5 anni e, se si tratta delle elementari, concluderle positivamente.

E i ragazzi più grandi? Quelli che arrivano qui entro i diciotto anni, saranno italiani dopo sei anni di residenza regolare e dopo aver frequentato e concluso con successo un ciclo scolastico o un percorso di istruzione e formazione professionale triennale o quadriennale.

Per ora il testo non prevede norme transitorie per i ragazzi nati e/o cresciuti in Italia che intanto sono diventati maggiorenni. Se in Aula non si troverà una soluzione anche per loro, la riforma per le “seconde generazioni” salverà solo una parte dei figli degli immigrati, creando disparità anche tra fratelli e sorelle all’interno della stessa famiglia. 

Assenti, nella riforma, norme riguardanti la naturalizzazione degli immigrati adulti, che oggi devono risiedere regolarmente in Italia almeno per dieci anni prima di poter chiedere la cittadinanza. La maggioranza non è finora riuscita a trovare un accordo a riguardo, probabilmente non sarà questa la volta buona.

Stranieriinitalia.it

Cittadinanza. Il testo della riforma in discussione alla Camera

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