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Coldiretti: “10mila indiani lavorano in agricoltura”

"Senza di loro sarebbe a rischio la produzione dei grandi formaggi italiani" ROMA, 2 febbraio 2009 – Sono quasi diecimila (9.832) gli indiani immigrati che lavorano regolarmente in agricoltura soprattutto negli allevamenti.

Lo sottolinea la Coldiretti nel condannare il gravissimo episodio criminale a danno dell’immigrato dall’India che si è verificato in provincia di Roma a Nettuno.

L’organizzazione agricola aggiunge anche che senza il contributo di questi lavoratori sarebbe a rischio la produzione dei grandi formaggi italiani: dal parmigiano reggiano al grana padano, dal pecorino romano al provolone. Gli indiani – sottolinea la Coldiretti – sono in forte crescita tra i 98mila lavoratori agricoli extracomunitari presenti nell’agricoltura italiana e rappresentano la seconda principale componente dopo gli albanesi e prima dei marocchini.

Il lavoro degli immigrati indiani – precisa la Coldiretti – è particolarmente apprezzato negli allevamenti per l’attività di mungitura e di gestione delle stalle dove hanno sostituito la tradizionale opera dei ”bergamini”, una figura storica nelle aziende della pianura padana. La presenza dei lavoratori indiani e degli altri extracomunitari è essenziale per il successo del Made in Italy agroalimentare come dimostra la presenza nelle campagne del 13 per cento di stranieri sul totale dei lavoratori agricoli, secondo il XVI Rapporto Caritas/Migrantes sull’immigrazione al quale ha collaborato la Coldiretti.

Il fatto che siano saliti i rapporti di lavoro in agricoltura identificati negli archivi Inps e riconducibili a soggetti non italiani, dimostra – conclude la Coldiretti – la determinazione della stragrande maggioranza dell’imprenditoria agricola a perseguire percorsi di trasparenza e qualità del lavoro anche se permangono, purtroppo, inquietanti fenomeni malavitosi e di becero sfruttamento della manodopera, che gettano un’ombra pesante su un settore che ha invece scelto con decisione la strada della regolarità.

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