I cittadini ue possono votare ed essere eletti alle amministrative, ma i partiti sembrano non essersene accorti
A romeni, polacchi, bulgari e a tutti gli altri cittadini comunitari, grazie a una norma Ue recepita da tempo anche dall’Italia, è riconosciuto l’elettorato attivo e passivo alle consultazioni locali. Per godere di questo diritto è sufficiente che si iscrivano presso gli uffici comunali in una speciale lista elettorale aggiunta.
Ma in quanti potrebbero cogliere quest’opportunità? Solo a Roma, secondo l’Istat, alla fine del 2006 c’erano più 60mila cittadini comunitari residenti, in buona parte romeni (oltre 30mila) e polacchi (10mila). Vanno poi considerati tutti quelli registrati nelle anagrafi di Brescia (2mila comunitari), di Udine (1500), Vicenza (1100), Pescara (700), Messina (700) e così via in tutti gli oltre cinquecento comuni coinvolti da questa tornata elettorale.
Sono cifre che vanno tutte riviste al rialzo, perché fotografano una situazione ormai datata che non tiene conto, ad esempio, dei tantissimi romeni che dall’inizio del 2007, quando sono diventati cittadini europei, si affollano agli sportelli delle anagrafi per regolarizzare la loro posizione. È presumibile che, a conti fatti, i comunitari che potrebbero presentarsi ai seggi superino, solo a Roma, quota 100mila.
“La sfida, adesso, è portare questi nuovi elettori alle urne, coinvolgere e spingere a partecipare persone che, come denunciano i nostri lettori, si sentono troppo spesso emarginate” dice Gianluca Luciano, editore di Stranieri in Italia. “È tempo che i nostri uomini politici non parlino più solo “di” immigrati, ma anche “per” gli immigrati, rivolgendosi direttamente ai nuovi cittadini. Senza paura di urtare gli umori bassi e purtroppo trasversali di quella parte dell’elettorato irrazionalmente contraria all’immigrazione”.