Strasburgo, 1 marzo 2019 – Mancanza d’acqua e di cibo, alloggio insalubre, esposizione a molestie sessuali: la Corte europea dei diritti dell’Uomo (Cedu) ha condannato la Francia per avere lasciato senza alcuna assistenza un afgano di 12 anni nel 2016, quando viveva in un accampamento di migranti fuori di Calais, nel Nord del Paese.
Il ragazzino, partito dall’Afghanistan nel 2015, ha “vissuto per diversi mesi nella bidonville in un ambiente totalmente inadatto alla sua condizione di bambino e in uno stato di precarietà inaccettabile considerata la sua giovane età”, argomenta la Cedu, che ha condannato la Francia per “trattamento degradante”.
Nel verdetto, i giudici descrivono un quadro da incubo delle condizioni di vita nella “Giungla” (nome con cui era a tutti noto l’accampamento improvvisato e degradato a Nord-Est di Calais), dove prima dello smantellamento erano ammassati sino a 10mila migranti in attesa di riuscire ad entrare nel Regno Unito. In una situazione in cui anche procurarsi dell’acqua era spesso proibitivo, denuncia la Corte per i diritti, “i minori stranieri isolati si trovavano esposti oltremodo a diversi pericoli, compreso quello di subire violenze fisiche e sessuali”.
Il bambino afgano, indicato come J., “viveva con altri in una tenda di fortuna con un accesso molto complicato all’igiene di base e in un quadro di grande insicurezza”. Il piccolo afgano è stato notato e poi assistito dall’associazione La Cabane nei passi necessari per presentare istanza a Strasburgo. Un tribunale dei minori aveva ordinato di metterlo al riparo in una struttura di accoglienza, ma la decisione non ha avuto seguito, fatto che secondo la Cedu costituisce una chiara aggravante nella condanna odierna. Qualche settimana dopo il ragazzino ha lasciato la Francia per entrare clandestinamente in Gran Bretagna, dove è stato accolto dai servizi di assistenza all’infanzia.