in

Dalle regolarizzazioni ai visti umanitari, le proposte dei Radicali Italiani

“La Bossi-Fini ha prodotto irregolarità e sfruttamento. All’Italia servono 157 mila nuovi immigrati l’anno”. Il rapporto Governance delle politiche migratorie tra lavoro e inclusione sociale

Roma – 6 ottobre 2016 – La politica delle porte chiuse non fa bene all’Italia, l’immigrazione è indispensabile e conviene.

Per mantenere l’attuale livello di popolazione in età lavorativa, l’Italia avrebbe bisogno di 157 mila ingressi aggiuntivi ogni anno. Intanto, il contributo alla crescita della ricchezza nazionale dato dai lavoratori immigrati, che pure hanno stipendi più bassi e in calo rispetto agli italiani, vale quasi 8 punti di Pil, 100 miliardi l’anno. 

È anche sulla base di questi dati, raccolti nel dossier Governance delle politiche migratorie tra lavoro e inclusione sociale presentato oggi a Roma, che i Radicali italiani chiedono di “sconfiggere la grande bugia” e “cambiare il racconto dell’immigrazione”. Per poi presentare una serie di proposte a livello locale, nazionale e comunitario. 

Tra queste c’è il superamento dell’impianto della legge Bossi-Fini.  “Vanno eliminati – scrivono i Radicali – tutti quegli elementi che hanno in questi anni, da un lato, penalizzato quanti hanno scelto di stabilirsi nel nostro Paese e dall’altro hanno permesso il perpetrarsi di situazioni di irregolarità e sfruttamento”. 

Ecco allora che servirebbero meccanismi diversificati di ingresso per lavoro, a partire dall’introduzione di un permesso di soggiorno temporaneo per ricerca di occupazione attraverso attività d’intermediazione pubbliche e private tra datori di lavoro italiani e lavoratori stranieri e dalla reintroduzione del sistema dello sponsor. “Verrebbe meno così la necessità di fissare quote d’ingresso poiché sarebbe il mercato a stabilire l’effettiva necessità di lavoratori stranieri in base alla domanda, come del resto avviene in altri stati europei”.

I Radicali italiani propongono anche forme di regolarizzazione su base individuale. Queste darebbero un permesso di soggiorno a chi dimostra l’esistenza in Italia di un’attività lavorativa, di legami familiari, sulla modello spagnolo del “radicamento“.

Quanto ai centri di accoglienza, è “indispensabile che migliorino la qualità dei loro servizi e siano monitorati costantemente. Soprattutto siano interfacciati strutturalmente con i servizi pubblici e privati per il lavoro (centri per l’impiego, agenzie private per il lavoro, onlus). Ciò non sarà possibile senza un significativo rafforzamento numerico e qualitativo – anche attraverso servizi dedicati all’immigrazione – dei Centri per l’impiego, finanziato con i fondi strutturali europei, in modo che siano in grado di erogare con efficacia servizi di formazione professionale e avviamento lavorativo”.

Per  costruire canali legali e sicuri d’arrivo in Europa, servirebbero  programmi di reinsediamento e la creazione di corridoi umanitari attraverso la concessione di un visto umanitario (art. 25 del regolamento europeo sui visti) anche con l’intermediazione di organizzazioni ed enti privati (sponsorship). 

Chi ha evidente bisogno di protezione internazionale dovrebbe poter presentare la domande nei paesi limitrofi alle aree di crisi, attraverso la rete del Servizio europeo per l’azione esterna e le singole rappresentanze diplomatiche degli Stati membri.  Per quanti giungono nel territorio europeo e chiedono protezione, va determinato lo Stato membro competente per l’esame della domanda tenendo conto innanzitutto delle esigenze familiari o umanitarie  e va garantito il ricorso al rispetto del principio dell’unità familiare e delle clausole discrezionali del regolamento di Dublino.

 

Clicca per votare questo articolo!
[Totale: 0 Media: 0]

È nata l’Agenzia europea della guardia costiera e di frontiera

Tassa sul permesso di soggiorno, è caos prima della nuova sentenza