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Emergenza Nord Africa. I profughi: “Non siamo fantasmi”

Il 31 dicembre ventimila persone rischiano di trovarsi fuori dalle strutture d’accoglienza e senza uno status giuridico. Flash mob di protesta a Roma. Hein (Cir): “Si rischia il caos”. Miraglia (Arci): “Sono arrivati qui rischiando la vita””

 

 

Roma – 31 otobre 2012 – “Io sono un fantasma”, diceva un ragazzo originario del Mali coprendosi la testa con un lenzuolo bianco. Non era, con lui tanti altri ‘fantasmi’ ieri a Roma, di fronte al Pantheon, hanno inscenato un flash mob di protesta. Sono i richiedenti asilo dell’emergenza Nord Africa, che il 31 dicembre si ritroveranno senza una sistemazione e uno status giuridico. Sono fuggiti dalla Libia in guerra, destinazione Italia, ma non conoscono la sorte che li attende fra due mesi, al termine della gestione in regime emergenziale della Protezione civile.

Una sessantina di loro, arrivati soprattutto da Toscana, Umbria e Puglia, hanno indossato lenzuoli bianchi per dire al Governo: “Noi non siamo fantasmi ma ci trattate come tali. Aiutateci a capire cosa sara’ di noi e a trovare una sistemazione per il futuro”. A sostenerli in questa richiesta d’aiuto associazioni e sindacati che hannolanciato un appello alll’esecutivo per la concessione di permessi umanitari e lo stanziamento di risorse che consentano di prorogare l’accoglienza.

“Il Governo sta sprecando ogni giorno 1 milione di euro per i circa 24mila richiedenti coinvolti in questa situazione: 46 euro al giorno che dovrebbero essere reinvestiti in programmi di integrazione o per il loro reinserimento nel paese d’origine”, afferma Christopher Hein, direttore del Cir. Non si tratta di libici, infatti, ma sono per lo piu’ senegalesi, mauritani, pakistani, nigeriani e tunisini che in Libia erano andati a lavorare per poi essere cacciati da Gheddafi. “Da mesi – prosegue Hein – gli enti che tutelano gli immigrati hanno sollecitato il Governo a risolvere questa emergenza: non sanno dove andare, si rischia il caos”.

Anche i richiedenti hanno preso parola, chi in francese, chi in inglese, per denuciare una situazione insostenibile. “Vi stiamo implorando, aiutateci e fate qualcosa per noi”, ha chiesto una donna pakistana, che si definisce cristiana.

“Sono arrivati qui rischiando la vita”, interviene Filippo Miraglia, responsabile Immigrazione per Arci. “Spesso – continua – non viene loro riconosciuto ne’ il diritto alla vita ne’ il diritto al lavoro e, in piu’, abbiamo dato loro l’illusione di poter ottenere il permesso d’asilo ma cosi’ non e’ stato”. L’Arci, conclude Miraglia, continuera’ questa battaglia finche’ il Governo non dara’ risposte.

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