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Immigrati, all’economia italiana ne servirebbero almeno 400 mila all’anno: lo studio

lavoratori stranieri in Italia

Roma, 13 dicembre 2021 – Prima o poi si smetterà di percepire gli immigrati come un pericolo, e si inizierà a vederli come quello che realmente sono: una risorsa. Soprattutto in un Paese come l’Italia, che deve fare i conti con una crisi demografica senza precedenti e, soprattutto, irreversibile. In questo senso gli immigrati ovviamente non bastano per contrastare il fenomeno, ma sicuramente danno un aiuto significativo. A sottolinearlo è il Dossier immigrazione del centro studi Idos.

lavoratori stranieri in Italia

Immigrati, una risorsa per il nostro Paese

Meno abitanti significano meno potenziali lavoratori. Meno produzione, tasse, contributi, consumi, insomma meno Pil, tutti i danni del decremento di popolazione che è causa non ultima del ristagno di crescita e produttività dell’Italia negli ultimi vent’anni, a parte le montagne russe del periodo pandemico”, ha dichiarato l’economista Carlo Cottarelli. “La situazione è tale che potrebbe portare in un futuro non lontano all’insostenibilità dei conti pubblici“, ha aggiunto inoltre. Secondo i dati attuali, infatti, i residenti in Italia sono 59,3 milioni, compresi i 6 milioni di stranieri regolarizzati o divenuti cittadini. Dieci anni fa, invece, erano 60,3 milioni. Secondo l’Istat, andando avanti con questo ritmo il numero calerà a 58 milioni nel 2030, a 54 nel 2050 e a 47 nel 2070.

Stando poi al Dossier immigrazione del centro studi Idos, fra il 2002 e il 2020 gli italiani fra i 20 e i 49 anni – l’“età d’oro” per il lavoro – sono diminuiti di 4,6 milioni (da 23,8 a 19,2) mentre gli stranieri di pari età sono aumentati di 2,1 milioni, da 900mila a 3 milioni. “Gli immigrati rappresentano un’insperata, almeno parziale, ancora di salvezza. Nelle sue proiezioni, l’Istat include una quota di stranieri calcolata sulla base delle tendenze passate: prevede che si tornerà, dopo la sospensione per il Covid-19, alla media dei dieci anni fino al 2019 di 280mila entrate l’anno. Che però diventano poco più della metà se si considera quanti italiani nel frattempo lasciano il Paese. I vantaggi sarebbero diversi se l’Italia, avviata sulla via di un solido sviluppo, consentisse un afflusso dell’ordine dei 400mila migranti l’anno, sempre al lordo delle uscite.

Compensando in parte la grave perdita di popolazione in età attiva e allentando la pressione ai confini”, ha commentato il docente di Demografia alla Cattolica Alessandro Rosina. E’ anche vero, però, che i migranti vengono se l’Italia risulta attrattiva: solo così possono diventare causa ed effetto di una migliore crescita.

Immigrati

“Ovviamente il tutto va organizzato bene. Identificando le esigenze di assunzione delle aziende e le capacità di ogni soggetto per poterlo poi avviare su percorsi di formazione specifici”. Un processo, ha affermato Giampaolo Galli, economista della Cattolica, “che dovrebbe iniziare presso le ambasciate italiane nei Paesi d’origine alle quali gli aspiranti migranti devono potersi rivolgere per valutare le possibilità d’impiego in Italia. Su cui le rappresentanze diplomatiche vanno intanto aggiornate: una procedura già prevista ma pochissimo attuata”, ha dichiarato inoltre Rosina. Tuttavia, come sottolinea l’Espresso, non è sufficiente alzare le quote affinché l’equazione inclusione-risorsa possa diventare operativa. “La pandemia ha spazzato via quasi tutti i progressi in termini di integrazione degli ultimi dieci anni”, ha commentato Stefano Scarpetta, direttore per il lavoro e gli affari sociali dell’Ocse.

Le disuguaglianze, che faticosamente si erano ridotte, si sono di nuovo esacerbate. I lavoratori nati all’estero sono stati molto più colpiti dalla perdita di posti. Perché generalmente in possesso di contratti di lavoro più precari. Ma anche perché concentrati nei settori più bersagliati: nell’ospitalità per esempio gli stranieri, in tutto il mondo, coprono il 25% dell’occupazione. Senza contare che la tensione ha portato al riaffiorare di pericolosi sentimenti anti-migranti quasi dappertutto”, ha aggiunto poi. E se non si recupera in fretta, le disuguaglianze continueranno a crescere. “Bisogna cominciare dalla scuola. Dove tra l’altro è stata devastante ovunque la Dad visto che almeno un terzo dei migranti non parla in casa la lingua del Paese che li ospita. Quindi è urgente attrezzare corsi di recupero. E poi curare le condizioni abitative e in generale le infrastrutture che facilitino la loro integrazione: ne trarrebbe vantaggio l’intera società“.

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