"Nessun nesso causale, la correlazione è dovuta alla ricchezza del territorio". I dati presentati alla Bocconi Milano – 28 agosto 2008 – I teorici dell’equazione "piu stranieri uguale più delinquenza" rivedano le loro convinzioni. L’immigrazione non aumenta il tasso di criminalità in Italia.
Lo dimostra una ricerca realizzata da Paolo Buonanno, dell’università di Bergamo, con la collaborazione di Milo Bianchi, della Paris School of Economics, e Paolo Pinotti, della Banca d’Italia, presentata ieri nel corso del convegno dell’European economic association (Eea) e della Econometric society (Esem) presso la sede dell’università Bocconi di Milano.
Lo studio ha preso in considerazione i dati sul numero di immigrati sia legali sia illegali (in questo caso si tratta di clandestini che sono poi stati regolarizzati) e dei reati commessi nelle province italiane nel periodo che va dal 1996 al 2003. Come ha spiegato Paolo Buonanno, "attraverso l’uso di tecniche econometriche, abbiamo notato che tra il fenomeno dell’immigrazione e la criminalità non c’é alcun nesso causale ma una correlazione dovuta a un terzo fenomeno che può essere, per esempio, la ricchezza".
In sintesi, quindi, i cittadini provenienti da altre nazionalità sono attirati da quei territori dove si trovano maggiori opportunità di lavoro, ossia le province. E proprio queste zone sono le stesse mete della delinquenza, attirata dalla ricchezza degli abitanti. I due elementi, quindi, sarebbero vicini ma non interconnessi.
"Abbiamo notato – conclude Buonanno – che, contrariamente alla percezione generale, in linea teorica non c’é stato un aumento diretto della criminalità in seguito alle ondate di immigrazione in nessuno dei reati che abbiamo preso in considerazione, ossia reati contro la persona, contro il patrimonio e traffico di droga".