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L’Albania approva l’accordo con l’Italia per gestire le richieste d’asilo: le sfide e i dettagli del protocollo

Roma, 22 gennaio 2024 – Giovedì 22 febbraio, l’Albania ha ufficialmente approvato l’accordo con l’Italia per accogliere e processare le richieste d’asilo dei migranti salvati dalla nazione italiana. Il Senato a Roma aveva già dato il via libera una settimana fa, segnando un passo significativo in questa collaborazione bilaterale.

Il protocollo quinquennale stabilisce diversi punti chiave, tra cui la capacità di Tirana di accogliere fino a tremila migranti alla volta, escludendo minorenni e donne incinte. Inoltre, il Paese si impegna a ricevere un massimo di 36mila richiedenti asilo all’anno, con un tempo stimato di circa un mese per esaminare ciascuna pratica.

La firma dell’accordo risale a novembre, quando la premier italiana Giorgia Meloni e l’omologo albanese Edi Rama hanno suscitato dibattiti sull’opportunità di indirizzare i migranti verso un Paese terzo anziché direttamente nell’Unione Europea. Il Parlamento albanese aveva temporaneamente sospeso l’accordo in attesa della valutazione della Corte Costituzionale, che ha dato il suo parere positivo a fine gennaio.

Uno degli aspetti più rilevanti dell’intesa è la creazione di due Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr), previsti per aprire nella prima metà del 2024 nei porti di Shenjin e Gjader. Le operazioni e i relativi costi saranno completamente a carico dell’Italia, con la giurisdizione che rimarrà sotto il controllo di Roma.

Inoltre, è stato stabilito che l’Italia si occupi delle procedure di sbarco e identificazione dei migranti. Entro trenta giorni dall’arrivo in Albania, ogni migrante sarà quindi o rimpatriato o trasferito in Italia.

Nonostante l’approvazione dell’accordo, sono ancora presenti diverse polemiche riguardo alla decisione di affidare la gestione delle richieste d’asilo a un Paese terzo. Tuttavia, l’apertura dei Cpr e l’impegno finanziario da parte dell’Italia evidenziano la volontà di entrambi i paesi di affrontare la questione migratoria in modo collaborativo, pur lasciando aperti interrogativi sulla praticabilità e sulla tutela dei diritti dei migranti in questo nuovo contesto.

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