Operazioni, lutti, il serpente in casa: il vicepresidente del Senato è convinto di essere oggetto di un maleficio. Tutto iniziò con il paragone tra l’allora ministra dell’integrazione e una scimmia…
Roma – 26 agosto 2014 – A questo punto bisogna chiedersi se ci è o ci fa. Al posto di preoccuparsi del processo in cui è accusato di razzismo dopo il paragone tra Cècile Kyenge e un orango, Roberto Calderoli lancia appelli al papà dell’ex ministra per farsi togliere la “macumba”.
Il riferimento è a un rito che dopo quell’insulto Clement Kikoko Kyenge compì nel suo villaggio in Congo, ponendo la foto del vicepresidente del Senato sull’altare dove si onorano gli antenati. Ora Calderoli è convinto che gli abbia portato (molta) sfortuna.
“Sei volte in sala operatoria, due in rianimazione, una in terapia intensiva, è morta mia mamma e nell’ultimo incidente mi sono rotto due vertebre e due dita. E adesso, un serpente di due metri in cucina. A me sembra un po’ troppo… – spiega il leghista al settimanale Oggi – Forse è il caso di mandare un messaggio distensivo a papà Kyenge per chiedergli la revoca del rituale”.
E ancora: “Dopo quel rito alcuni colleghi napoletani mi regalarono un cornetto di corallo: due giorni dopo, senza un pressione di nessun genere si è spezzato in due. Una maga ha visto forze tremende in azione attorno a me”.
Il settimanale ha anche raggiunto al telefono Clement Kikoko Kyenge, che dal Congo dice: “Un serpente in casa non è un bel segnale e non sono sicuro che Calderoli abbia fatto bene a ucciderlo… Se quando lui ha chiesto scusa a Cécile era sincero, può stare tranquillo. Se invece quelle scuse sono state frutto di calcolo e convenienza, gli antenati potrebbero innervosirsi”.