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Le nuove rotte riportano gli sbarchi in Puglia

Dallo scorso anno intensificati gli arrivi, presenza più recente è quella dei siriani


Bari, 5 dicembre 2011 – La Puglia e’ tornata prima linea degli sbarchi di immigrati provenienti in prevalenza dai Paesi asiatici e dal Nord Africa. Con imbarcazioni di fortuna, anche inidonee ai lunghi attraversamenti, gli stranieri arrivano sulle coste del Salento dove ricevono la prima accoglienza con l’intenzione di raggiungere altri Paesi europei.

E’ un fenomeno che non si e’ mai interrotto per la corta distanza tra il canale d’Otranto e l’altro versante europeo. Eppure gli sbarchi erano diventati sporadici. Dallo scorso anno c’e’ un’intensificazione degli arrivi, tanto che e’ stato riaperto il centro di accoglienza ”Don Tonino Bello”, e proprio quest’anno il fenomeno e’ diventato nuovamente di tipo emergenziale.

E’ una rotta ormai consolidata per gli immigrati asiatici provenienti da Iran, Iraq, Afghanistan, Palestina, Pakistan a cui si sono aggiunti i nord-africani, soprattutto egiziani, che hanno cambiato rotta, abbandonando le acque super-pattugliate intorno a Lampedusa. La presenza piu’ recente e’ quella dei siriani. Uomini, donne e bambini che fuggono dalla guerra e dalla miseria e che sognano di rifarsi una vita in Europa. Anche nel caso del Salento come lo e’ stato di Lampedusa, l’Italia e’ un punto di arrivo e di transito se si riesce a sfuggire alla rete dei controlli. Ma soprattutto se si riesce ad arrivare vivi, come la tragedia di Carovigno una settimana fa ha purtroppo ricordato, facendo tornare alla mente immagini gia’ vissute in Puglia al largo delle coste leccesi e brindisine.

Dai primi anni ’90, al tempo dell’immigrazione degli albanesi, rappresentata dall’arrivo della ”Vlora” ad agosto del 1991 al porto di Bari con 20.000 persone, il fenomeno migratorio e’ notevolmente cambiato. La comunita’ albanese si e’ fortemente stabilizzata in Puglia e sul suolo italiano. La rotta pugliese ora parte da molto lontano, dai Paesi dell’Asia, fino al Bangladesh. Persone che scappano e persone che gestiscono questo traffico di essere umani, facendosi pagare lautamente. La fuga dai Paesi di origine e’ un business redditizio per gli scafisti. La tragedia al largo di Carovigno ha messo in evidenza in aspetto piuttosto inedito: sulla barca a vela con 60 persone che e’ affondata al largo di Carovigno gli stranieri erano ”numerati”.

Trentanove le persone messe in salvo, tre quelle decedute ed il timore di altri morti i cui corpi sono stati presi dal mare oppure la speranza che alcuni dei dispersi siano riusciti, fradici ed in fuga, a mettersi in salvo. Due giorni dopo e’ colata a picco a Porto Badisco un’imbarcazione a motore con 189 migranti, partiti dalla Turchia. Gli extracomunitari, uomini e donne, tra cui una all’ottavo mese di gravidanza, dopo i soccorsi dei finanzieri, della Croce Rossa e del 118, sono stati portati o in ospedale oppure presso il Centro di prima accoglienza ”Don Tonino Bello” di Otranto per le procedure di identificazione e le incombenze di rito. Anche loro provengono dall’Asia.

La ”nuova” rotta degli sbarchi, che in questi mesi ha conosciuto una notevole espansione con l’arrivo di diverse centinaia di persone, parte da lontano e arriva in Grecia e Turchia. Sono qui i porti da cui gli stranieri vengono portati in Puglia, con imbarcazioni di ogni tipo. Il fenomeno ha trovato subito pronte le autorita’ locali ma si pone ora nuovamente il problema di rafforzare il sistema di accoglienza.

”Stiamo facendo tutto il possibile”, dice all’ADNKRONOS don Attilio Mesagne, direttore della Caritas di Lecce. ”Accogliamo tutti – aggiunge – per noi la libera circolazione delle persone e’ sacra. Sono flussi che non si possono impedire, il fenomeno migratorio e’ strutturale e semmai questi flussi vanno regolati. Era anche prevedibile questa forte ripresa dopo la crisi del Nord Africa e dopo le vicende di Lampedusa. Adesso come Caritas ci stiamo concentrando nel predisporre strutture di accoglienza, nella citta’ di Lecce stiamo lavorando per creare una rete”.

Non e’ un caso, inoltre che proprio poco piu’ di un anno fa, ad agosto del 2010, ha riaperto il ”Don Tonino Bello” di Otranto che erano inattivo da cinque anni, avamposto di accoglienza breve e cura dei migranti ma non struttura adeguata per ospitare centinaia di persone. Tanto che nei mesi scorsi e’ bastato il sovraffollamento di qualche decina di stranieri per provocare due casi di scabbia, con conseguente breve chiusura. I posti letto sono solo una trentina. La struttura e’ idonea per le procedure di identificazione, per rifocillare i migranti, per le visite mediche. Da sola, ovviamente, non basta. E’ un problema che si pone a fronte della previsione di un ulteriore aumento di sbarchi.

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