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L’influenza dell’industria delle armi sulla sorveglianza delle frontiere: cosa succede ai confini dell’Europa

Roma, 17 ottobre 2022 – Dietro al controllo delle frontiere c’è un vero e proprio business. Un commercio in perenne crescita, con un fatturato che oscilla tra i 65 e i 68 miliardi di euro annui. E’ il complesso industriale che, tramite le tecnologie impiegate, permette di difendere i confini dell’Occidente per mezzo di droni, sensori, robot intelligenti, sistemi di videosorveglianza, intelligenza artificiale. Il tutto giocando sulla pelle dei migranti.

Il business dietro ai migranti e alla difesa dei confini

Come spiega Giulia Bosetti nella sua inchiesta pubblicata su L’Espresso, infatti, “proteggere le frontiere è diventato il grande mantra degli Stati occidentali e in particolare dell’Europa, dove la crescita di mercato doppia quella degli altri Paesi: 15% l’anno. Più la guerra minaccia il cuore del vecchio continente, più aumentano i rifugiati e i migranti e più si attrezza l’industria militare“. Cosa significa questo: “Le aziende fanno profitti grazie ai muri fisici e virtuali che sono diventati parte integrante delle politiche dell’Unione europea a causa delle pressioni delle aziende, che hanno trasformato la migrazione da un problema umanitario a un problema di sicurezza”, ha sottolineato Mark Akkerman, ricercatore di Stop Wapenhandel, organizzazione indipendente olandese che monitora il business degli armamenti.

I produttori di armi hanno influenzato il dibattito pubblico facendo passare l’idea che i migranti siano una minaccia, per poi proporre come soluzione le loro tecnologie e i loro servizi. L’Europa e gli Stati membri sono molto sensibili alle richieste della lobby delle armi”, ha aggiunto poi dal suo ufficio di Amsterdam. E i dati lo dimostrano: stando a quanto riportato nel report “A quale costo”, realizzato dalle organizzazioni Statewatch e Transnational Institute, infatti, tra il 2021 e il 2027 gli investimenti dell’Ue per i settori sicurezza e difesa ammontano a 43,9 miliardi di euro, un aumento di budget del 123%. Il Fondo per la gestione del controllo delle frontiere cresce del 131%, passando a 6,2 miliardi di euro e i finanziamenti di Europol e di Frontex, l’agenzia per la sicurezza dei confini, sfiorano i 10 miliardi di euro: un aumento del 129%.

Il budget di Frontex è cresciuto a dismisura e l’agenzia ha ottenuto maggiori poteri nella gestione degli appalti per le frontiere, senza un adeguato sistema di trasparenza e controllo dell’attività di lobby”, ha spiegato inoltre la ricercatrice dell’osservatorio Corporate Europe di Bruxelles, Margarida Silva.

Frontex e l’aumento dei budget

“Le aziende hanno cercato di convincere Frontex e gli Stati membri a spendere più soldi in tecnologie di sorveglianza e controllo delle frontiere”, ha aggiunto poi Silba. Non è un caso, infatti, che la stessa Frontex in soli tre anni sia entrata in contatto con 108 società private. E abbia organizzato 17 meeting a cui hanno partecipato le principali compagnie di armi in Europa come la Airbus, Indra e Gmv e Leonardo. “Le aziende vendono armamenti a Paesi terzi che li utilizzano per fare la guerra, costringendo le persone a fuggire dalla loro patria. Poi le stesse società vendono ai governi europei tecnologie e attrezzature per impedire a quelle persone di entrare in Europa”, ha dichiarato Hannah Neumann, eurodeputata tedesca dei Verdi nonché relatrice della Risoluzione sull’export di armi del Parlamento europeo del 2020.

Si può dire quindi che l’industria delle armi disponga di un accesso speciale nella Commissione e nei governi europei che, alle volte, sono anche azionisti. Un esempio lampante è quello di Leonardo, partecipata al 30% dal ministero dell’Economia italiano. “Recentemente la Commissione europea ha creato lo Strumento per la stabilità e la pace. C’è stata una fortissima pressione dell’industria delle armi per includere nei suoi finanziamenti la fornitura di attrezzature per la sicurezza delle frontiere come telecamere nascoste o recinzioni di filo spinato”, ha rivelato Neumann.

La vera sfida, perciò, si gioca sui confini esterni. Come riporta l’inchiesta, dal 2015 a oggi la Croazia ha ricevuto dall’Unione europea 163 milioni di euro per acquistare dispositivi di imaging termico, telecamere a infrarossi, apparecchiature che rilevano i battiti cardiaci. Ma anche droni, fuoristrada con telecamere mobili su rimorchio, elicotteri. Insomma: di tutto per la difesa delle frontiere. Tecnologie che, però, oltre ad aver allontanato sempre di più il concetto di accoglienza anche anche fatto aumentare le violenze nei respingimenti. A dimostrarlo è stato il rapporto di Border violence monitoring network del 2021. Ma anche, e soprattutto, le testimonianze dei migranti che hanno tentato il game e sono stati picchiati, denudati, maltrattati.

Le testimonianze dei migranti

“La polizia croata ci ha catturato grazie alle telecamere nascoste sugli alberi. Ma dobbiamo riprovarci, per arrivare ad Amburgo dalla mamma e chiedere la protezione umanitaria”, hanno raccontato. “Quando i poliziotti mi hanno arrestato, indossavano visori a infrarossi, avevano droni e geolocalizzatori. A qualcuno hanno rotto le braccia, a qualcun altro le gambe. Questo ci sta facendo l’Europa”, ha messo poi un giovane afghano. Un altro esempio è quello che sta succedendo nelle isole greche del Mar Egeo, e più nello specifico nell’Isola di Samos. Lì, infatti, tra una spiaggia caraibica e l’altra, è sorto un campo per i rifugiati videosorvegliato h24, con un sistema di sicurezza a raggi X e autenticazione a due fasi. Al suo esterno si alza una dobbiamo recinzione. Ma questo è solamente uno dei cinque campi profughi altamente tecnologici che la Grecia sta allestendo sulle isole del Dodecaneso con i soldi dell’Unione europea.

Il tutto viene continuamente monitorato dal centro di massima sicurezza di Atene per mezzo di Centaur, un sistema di sorveglianza elettronica. “Stila anche il report delle emergenze. Comunichiamo al campo quello che sta succedendo. Facciamo intervenire la polizia o la Guardia Costiera”, ha spiegato Manos Logothestis, segretario generale per l’accoglienza dei richiedenti asilo. “Avremo droni e visori a lungo raggio e tutti gli operatori possono mandarci in tempo reale immagini girate con i loro smartphone”, ha aggiunto poi. Se da una parte la Commissione europea riconosce il campo di Samos come un sistema d’avanguardia in termini di sorveglianza e accoglienza, i rifugiati lo paragonano alla prigione di Guantanamo. “Stiamo impazzendo. Ci sono atti di autolesionismo, persone che si tagliano con il coltello e sbattono la testa contro il muro“, si legge in una lettera.

“Ci sono stati raid notturni della polizia. Molti abitanti del campo sono sotto shock e tutti vivono nel terrore”, ha commentato Gabriel Feldman del Png Still I Rise. E come risponde a tutto questo la Commissione? “Stiamo monitorando da vicino la situazione e continueremo ad affrontare la questione con le autorità greche competenti”. Insomma, sorvegliando.

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