Roma, 20 novembre 2024 – La rotta del Mediterraneo centrale si conferma una delle più pericolose al mondo per chi cerca di attraversarla nella speranza di raggiungere l’Europa. Secondo l’ultimo aggiornamento pubblicato dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) dell’ONU in Libia, dal 1° gennaio al 16 novembre 2024, almeno 515 persone hanno perso la vita e altre 830 risultano disperse in mare.
Un bilancio tragico
Questi numeri drammatici sottolineano ancora una volta la gravità della crisi umanitaria che si consuma nel Mediterraneo. Le vittime sono in gran parte migranti che si affidano a pericolosi viaggi su imbarcazioni di fortuna, spesso sovraffollate e non idonee alla navigazione.
Le operazioni di soccorso rimangono complesse, con difficoltà legate a fattori climatici, alla scarsità di risorse e alle tensioni politiche tra gli Stati coinvolti.
Migranti riportati in Libia: un ritorno nell’incubo
Nel corso dello stesso periodo, l’OIM ha registrato 20.231 persone intercettate in mare e riportate in Libia. Di queste, 17.647 sono uomini, 1.411 donne, 647 minori, mentre per 526 persone non sono disponibili dati sul genere.
La Libia, spesso definita un “inferno” per i migranti, è teatro di violenze sistematiche, detenzioni arbitrarie e gravi violazioni dei diritti umani. Il ritorno forzato in questo contesto rappresenta una condizione estremamente precaria, aggravando ulteriormente il dramma di chi cerca un futuro migliore.
Un appello per una soluzione condivisa
Le cifre rese note dall’OIM sono un grido d’allarme per la comunità internazionale. Nonostante le numerose promesse e i piani di intervento, la crisi migratoria lungo la rotta del Mediterraneo centrale continua a mietere vittime. Occorre un approccio globale che metta al centro il rispetto della dignità umana e affronti le cause profonde dei flussi migratori, dal conflitto alla povertà, dai cambiamenti climatici alle disuguaglianze economiche. Finché non si adotteranno soluzioni strutturali, il Mediterraneo rimarrà una tomba per migliaia di vite, un simbolo doloroso dell’incapacità collettiva di garantire un mondo più giusto.