Roma, 25 marzo 2024 – La tragica storia di Fati Dosso e sua figlia, morte nel deserto tunisino mentre cercavano di raggiungere l’Italia, ha scosso le coscienze di tutto il mondo. Ma il loro destino non è un caso isolato. È emerso, infatti, che migliaia di migranti, tra cui molti richiedenti asilo, sono stati respinti con la forza verso la Libia e l’Algeria dalle autorità tunisine, grazie a finanziamenti provenienti dall’Unione Europea.
Migranti, come l’Ue finanzia i respingimenti
Le espulsioni, tanto più se riguardano richiedenti asilo, sono una chiara violazione del diritto internazionale e dei diritti umani. Tuttavia, nonostante le denunce dell’ONU e le prove portate dai media, l’Ue ha deciso di finanziare le forze di sicurezza tunisine con 164,5 milioni di euro, nell’ambito di un accordo per fermare le partenze dei migranti. Una cifra, rivelata dal Financial Times, che risulta essere significativamente superiore a quanto dichiarato inizialmente dalla Commissione europea. Tra l’altro, secondo il Forum tunisino per i diritti economici e sociali (Ftdes), le espulsioni sono accompagnate da violenze di vario genere, comprese quelle sessuali. Tutto ciò avviene in un contesto di razzismo, alimentato dal presidente tunisino Saied. Proprio lui, infatti, recentemente ha definito i migranti subsahariani una minaccia per il “sistema demografico”.
Ed è proprio in un contesto come questo che Bruxelles ha deciso di elargire altri 150 milioni di euro alla Tunisia. Questa politica di respingimento dei migranti, però, non riguarda solo la Tunisia. Accordi simili sono stati stipulati anche con la Mauritania (210 milioni di euro, di cui 60 per la migrazione) e con l’Egitto (7,4 miliardi di euro, con almeno 200 milioni di euro per misure sulla migrazione). D’altronde, l’accordo con la Tunisia viene sponsorizzato da Bruxelles e da Roma come un modello da esportare altrove.
La questione solleva profonde preoccupazioni sui valori fondamentali dell’Ue e sulla sua responsabilità nei confronti dei diritti umani. È essenziale che l’Ue rivolga la sua attenzione non solo alla sicurezza delle frontiere. Ma anche al rispetto dei diritti umani e alla dignità delle persone in movimento. Il tragico destino di Fati Dosso e sua figlia dovrebbe essere un monito per riconsiderare le politiche migratorie e concentrarsi su soluzioni che rispettino la vita e la dignità di tutti. E invece, probabilmente, presto non sarà altro che un lontano ricordo.
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