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Accordo Italia-Albania, tutti i dubbi su costi (653,5 mln in 5 anni), smistamenti e rimpatri

Roma, 25 marzo 2024 – Il Protocollo tra l’Italia e l’Albania, ideato per dirottare una parte dei migranti che giungono in Italia verso il territorio albanese, si rivela essere un’impresa ambiziosa, ma con conseguenze e costi imprevisti. Attraverso un’analisi dettagliata condotta nel Data Room del Corriere della Sera da Milena Gabanelli, infatti, emergono le sfide burocratiche e procedurali che potrebbero portare a un vero e proprio fallimento.

Migranti, gli imprevisti dell’accordo Italia-Albania

Il costo previsto dell’operazione, che include la realizzazione e la gestione delle infrastrutture e del personale, si attesta sui 653,5 milioni di euro per un periodo di 5 anni. Eventualmente rinnovabile. Tuttavia, la complessità dell’intesa va oltre il mero aspetto finanziario. E’ cruciale comprendere il processo previsto, dalla fase di salvataggio dei migranti fino alla decisione riguardante il loro destino. Che sia il rimpatrio o il riconoscimento dell’asilo politico. Secondo l’accordo, verranno trasferiti in Albania solo maschi adulti provenienti da Paesi considerati sicuri, mentre donne, anziani e minori saranno portati in Italia. E lo smistamento avverrà dalle navi di soccorso italiane alle autorità italiane. Un’operazione complessa considerando la mancanza di documenti della maggior parte dei migranti intercettati in mare.

Una volta sbarcati in Albania, i migranti saranno identificati in un’area dedicata nel porto di Shengjin e trattenuti in un’area apposita a Gjadër, con una capacità di 3mila persone. Qui avranno luogo le procedure di identificazione e la definizione del loro status da parte delle Commissioni territoriali, entro 28 giorni come previsto dalla normativa. Tuttavia, ci sono numerose sfide che minacciano l’efficacia del Protocollo. Per esempio, la mancanza di accordi con i Paesi d’origine per i rimpatri e la capacità limitata dell’Italia di eseguire tali operazioni. Ciò potrebbe portare a una permanenza prolungata dei migranti nei Centri di permanenza per il rimpatrio italiani. E il rischio che, una volta trascorsi i 18 mesi massimi di detenzione previsti per legge, possano essere rilasciati anche senza documenti regolari.

Inoltre, il costo dell’operazione è notevole e ricade principalmente sul bilancio italiano, che deve coprire una vasta gamma di spese, dalla costruzione delle infrastrutture alla sorveglianza. Dai costi di viaggio e alloggio del personale alle spese legali e di interpretariato. E’ per questo che l’accordo solleva importanti questioni sia dal punto di vista pratico che etico.

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