Roma, 19 novembre 2024 – La riforma promossa dal governo in materia di protezione internazionale dei migranti sta sollevando forti critiche da parte della magistratura. Tra le voci più autorevoli, quella di Fabio Roia, presidente del Tribunale di Milano, che, in un’intervista rilasciata all’AGI, ha definito il provvedimento “irrazionale e scomposto”, sottolineandone i potenziali rischi per il sistema giudiziario italiano.
Migranti, il nodo delle competenze della magistratura
La riforma prevede che le Corti d’Appello, finora escluse dalle questioni legate all’immigrazione e alla protezione internazionale, diventino competenti in questo ambito. “Non si comprende perché le Corti d’Appello, che non hanno competenza in materia, debbano ora occuparsene, e per di più in modo esclusivo”, osserva Roia. Secondo i dati forniti dal presidente del Tribunale, al 30 settembre 2024 risultavano pendenti 13.284 procedimenti presso la sezione specializzata in materia di immigrazione e protezione internazionale, con un incremento progressivo legato ai flussi migratori. Solo nei primi otto mesi dell’anno sono stati iscritti circa 5.000 ricorsi. “Questi numeri testimoniano l’efficienza dell’ufficio immigrazione della Questura, ma mettono in luce un arretrato crescente che la sezione non riesce ad assorbire completamente“, spiega. Inoltre, i procedimenti in ambito immigrazione rappresentano il 30% delle cause pendenti presso il Tribunale di Milano, una percentuale che rende evidente il peso di questa materia sull’intero sistema giudiziario.
Roia non nasconde poi le sue preoccupazioni per l’impatto che la riforma potrebbe avere sugli obiettivi legati al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). “Mettere ulteriori carichi di lavoro sulle Corti d’Appello potrebbe compromettere il raggiungimento degli obiettivi richiesti dal PNRR”, avverte. Un altro nodo critico riguarda la mancanza di personale. Attualmente, la sezione immigrazione del Tribunale di Milano opera con un organico ridotto del 30%, con soli 8 giudici su 13 previsti. Secondo Roia, per migliorare la gestione delle pratiche di immigrazione sarebbe necessario tornare al giudice monocratico anziché ai collegi composti da tre giudici, per garantire decisioni più rapide. Poi rafforzare gli organici, colmando le attuali carenze e rivedere l’assegnazione delle competenze, evitando di gravare sulle Corti d’Appello, già impegnate in altri ambiti.
Infine, Roia sottolinea un paradosso legato all’esperienza dei magistrati: “Se l’obiettivo del governo è affidare l’appello a giudici più esperti, faccio notare che a Milano i giudici in appello sono spesso molto giovani dal punto di vista dell’anzianità di servizio”.
>> Tutte le notizie di Stranieri in Italia