Roma, 15 aprile 2025 – La delegazione del Tavolo Asilo e Immigrazione ha concluso la prima missione di monitoraggio indipendente presso il nuovo CPR di Gjader, in Albania, destinato al trasferimento e trattenimento dei migranti provenienti dall’Italia a seguito del controverso decreto legge 37/2025.
La valutazione preliminare ha messo in evidenza profonde criticità strutturali del modello adottato dal governo italiano, giudicato lesivo dei diritti fondamentali. La decisione di procedere al trasferimento coatto di persone già detenute in Italia verso un CPR delocalizzato oltre i confini nazionali appare come una grave forzatura delle norme europee e costituzionali. Vengono così violati diritti cruciali quali il diritto alla difesa, il diritto d’asilo, l’unità familiare e la libertà personale.
Fin dai primi giorni di attività, il monitoraggio ha registrato episodi drammatici, inclusi casi di autolesionismo, problemi di accesso all’assistenza legale e una totale assenza di comunicazione preventiva sul trasferimento forzato. Particolarmente allarmanti risultano le modalità di trasporto adottate, come l’utilizzo di fascette per legare le mani ai migranti durante il trasferimento, in aperta violazione delle norme che regolano il trattamento delle persone private della libertà personale.
Emblematica della fragilità giuridico-organizzativa del sistema è la vicenda di una persona immediatamente riportata in Italia, poche ore dopo il suo trasferimento, perché risultata non più legittimamente trattenibile. Inoltre, permane l’opacità sulle ragioni della selezione delle prime 40 persone trasferite nel CPR di Gjader, con un preoccupante riferimento governativo alla presunta “pericolosità sociale“. Tale motivazione, se confermata, configurerebbe una gravissima violazione, poiché introdurrebbe una misura punitiva extralegale, aggravante della pena già scontata secondo la legislazione italiana.
Di fronte a queste rilevazioni, il Tavolo Asilo e Immigrazione annuncia l’intenzione di procedere sia sul piano dell’azione legale a tutela dei migranti coinvolti, sia su quello della mobilitazione civile e politica, chiedendo con forza la dismissione immediata del Protocollo, ritenuto incompatibile con i principi basilari dello stato di diritto e della democrazia italiana.