E’ importante che non ci finiscano badanti irregolari e lavoratori in nero ROMA, 26 giugno 2009 – "Dobbiamo lavorare e auspicare che nei Cie entrino solo le persone che effettivamente siamo determinati a rimpatriare, coloro che hanno dato chiari segnali di non rispettare regole o la convivenza civile. Ottenere che, di fronte all’ipotesi di sei mesi di trattenimento, decidano di farsi identificare e rimpatriare. Ma e’ importante che nei Cie non ci finiscano ‘badanti’ irregolari, lavoratori in nero, sia perche’ non sono persone che destano pericolo sociale sia perche’, cinicamente, e’ anche una questione di costi".
Lo ha affermato in un’intervista a ‘Liberazione’ il prefetto Mario Morcone, responsabile del ‘Dipartimento libertà civili e immigrazione".
"Il fatto che la detenzione amministrativa sia una forma di prigione senza condanna è una realtà che fa parte degli ordinamenti di tutti i paesi europei – ha osservato il prefetto – Anzi, dopo la direttiva Ue che fissa a 18 mesi i tempi massimi, che ha anche impedito l’arbitrio di una detenzione a tempo indeterminato, noi ci siamo attestati su sei mesi". Secondo Morcone, "la detenzione nei Cie non e’ mai una cosa bella. Io non ho mai pensato che i Cie fossero luoghi di villeggiatura. Se riusiciamo a garantire un effettivo accompagnamento al paese di provenienza si puo’ gestire, ma sempre evitando di rinchiudere irregolari che non determinano problemi".
"Intanto – ha concluso il responsabile dei centri di identificazione ed espulsione – aspettiamo l’approvazione. Sei mesi comunque debbono divenire il tempo massimo e non la norma. E coloro che dovranno restare per tutto quel periodo debbono vedersi assicurate una qualita’ del trattamento particolare. Penso ad attivita’ sportive o a corsi di informatica. Insomma a gestire meglio il tempo. Poi, come ha affermato piu’ volte il ministro, occorreranno altri Cie nelle regioni che ne sono sprovviste".