Roma, 9 maggio 2025 – Con l’elezione di Robert Francis Prevost al soglio pontificio con il nome di Leone XIV, la Chiesa Cattolica apre una nuova pagina nel segno della continuità, ma anche di una rinnovata attenzione per i migranti, tema che ha attraversato la vita e il ministero del nuovo Papa sin dalle sue origini.
Figlio di immigrati italiani, francesi e spagnoli, nato a Chicago, formatosi tra gli Stati Uniti, Roma e il Perù, il nuovo Papa rappresenta una sintesi viva e vissuta del mondo globale. “I miei nonni erano tutti immigrati”, ha raccontato con commozione, rievocando le radici familiari che hanno plasmato il suo sguardo aperto, accogliente e sensibile verso chi cerca una nuova casa oltre le frontiere.
Il tema dell’accoglienza non è per Leone XIV una mera questione politica, ma un imperativo evangelico. Lo ha dimostrato più volte, anche con parole forti e chiare. Solo tre mesi fa, criticò apertamente il vicepresidente statunitense JD Vance per le sue politiche anti-migranti, confermando una visione che rifiuta la logica del rifiuto e dell’esclusione: «Non possiamo costruire muri contro chi fugge dalla miseria e dalla guerra», aveva dichiarato in quell’occasione.
La sua esperienza missionaria in Perù, nelle periferie dell’America Latina, ha rafforzato questa sensibilità. A Chulucanas, poi a Chiclayo e Callao, ha vissuto accanto agli ultimi della Terra, sperimentando in prima persona cosa significa perdere la patria, vivere nella marginalità, essere costantemente in bilico tra speranza e precarietà. È lì che ha imparato a chiamare per nome le ingiustizie e a guardare negli occhi coloro che spesso vengono ridotti a numeri e statistiche.
Con il suo stile discreto ma determinato, Leone XIV sembra voler raccogliere l’eredità di Papa Francesco in termini di attenzione per le periferie esistenziali, ma con un passo che punta a ricucire e unire, piuttosto che a dividere. Il suo bergoglismo moderato può diventare il terreno ideale per rilanciare una pastorale del dialogo e dell’inclusione, specie in un tempo segnato da nazionalismi e crisi umanitarie.
“Mi sento sempre missionario”, ha dichiarato più volte. Ed è con quello spirito che Leone XIV sembra voler guidare la Chiesa: una missione senza confini, per una comunità universale che sappia farsi casa per ogni essere umano, migrante o stanziale, senza distinzioni.