Roma, 22 aprile 2025 — Nuova battuta d’arresto per il contestato Protocollo Italia-Albania sui Centri per il rimpatrio (CPR) dei migranti. La Corte d’Appello di Roma ha stabilito che i cittadini stranieri trasferiti nella struttura di Gjader, in Albania, non possono essere trattenuti in loco se manifestano la volontà di richiedere protezione internazionale. In tal caso, devono essere immediatamente riportati in Italia per la gestione della domanda d’asilo.
La sentenza, firmata da un giudice in composizione monocratica e articolata in otto pagine, dichiara esplicitamente “l’inapplicabilità alla fattispecie in esame del Protocollo Italia-Albania”, non convalidando il trattenimento del cittadino marocchino che ha sollevato il caso. L’uomo, residente in Italia dal 2021 e condannato nel 2023, era stato espulso a fine marzo dalla prefettura di Napoli e trasferito a Gjader l’11 aprile. Durante la sua permanenza nel CPR albanese, ha espresso la volontà di richiedere asilo.
Secondo la normativa vigente, questa dichiarazione fa scattare un nuovo iter giuridico che prevede una convalida da parte del tribunale competente in Italia, in questo caso quello di Roma. La Corte ha riconosciuto che, pur essendo stata formalizzata in Albania, la richiesta d’asilo è da considerarsi a tutti gli effetti valida per lo Stato italiano, trattandosi di una procedura ancora in corso nell’ambito della giurisdizione nazionale.
“La domanda di protezione internazionale formulata sul territorio albanese, equiparato ai soli fini del Protocollo Italia-Albania a zone di frontiera o di transito, deve considerarsi validamente presentata come richiesta di asilo rivolta allo Stato italiano”, si legge nella sentenza.
Il giudice sottolinea inoltre che il trasferimento in Albania è avvenuto coattivamente, senza consenso, e senza che siano intervenute modifiche nel titolo di trattenimento o nella procedura amministrativa in corso. Di conseguenza, la presentazione della domanda di asilo ha modificato la finalità stessa del trattenimento: non più volto al rimpatrio, ma alla gestione della richiesta di protezione.
La Corte conclude affermando che, una volta avviata la procedura d’asilo, il migrante “non rientra più nelle categorie di soggetti individuati dal Protocollo” e che, quindi, “non sono applicabili le procedure previste”. Né il Protocollo né la legge italiana di ratifica prevedono il trattenimento di richiedenti asilo in territorio albanese.
Questa decisione rappresenta un nuovo ostacolo per il governo italiano, già al centro di polemiche per l’accordo bilaterale con Tirana, e potrebbe aprire la strada ad altre impugnazioni legali da parte di migranti trasferiti in Albania. La vicenda riaccende il dibattito sull’efficacia e la legittimità dei centri extraterritoriali per la gestione dei flussi migratori.