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Save The Children: “Lo Ius Scholae è un’opportunità di uguaglianza”

Nei giorni scorsi è arrivato in discussione alla camera il cosiddetto “Ius Scholae”, un testo di riforma sulla cittadinanza che costituirebbe un importante passo avanti per il riconoscimento dei diritti di tanti bambini/e e adolescenti a cui, oggi, sono invece negati alcuni importanti diritti.

Da anni in Italia si attende una riforma sostanziale della legge sulla cittadinanza che riconosca uguali diritti a tutti quegli italiani di fatto, ma non per la legge. Secondo la Rete per la Riforma della Cittadinanza, sono oltre un milione le persone in attesa di cittadinanza nel nostro Paese, in larga maggioranza giovani. 

Sono tantissimi gli alunni e le alunne con background migratorio che ogni giorno frequentano le scuole, basti pensare che erano 877mila gli alunni con cittadinanza non italiana nell’anno scolastico 2019/2020, quasi 20mila in più rispetto all’anno scolastico precedente. Si tratta del 10,3% del totale degli iscritti nelle scuole italiane, poco più della metà concentrati nel primo ciclo di istruzione. Tra questi alunni, i nati in Italia sono aumentati considerevolmente fino a raggiungere il 65,4% del totale (ISMU, 2022 elaborazione dati Ministero Istruzione). 

IUS SCHOLAE, COSA SI DISCUTE IN PARLAMENTO?


Il testo in discussione alla Camera sul cosiddetto Ius Scholae prevede:

  • il riconoscimento della cittadinanza italiana per i giovani con background migratorio nati in Italia o arrivati prima del compimento dei 12 anni che risiedano legalmente e che abbiano frequentato regolarmente almeno 5 anni di studio nel nostro Paese, in uno o più cicli scolastici. Inoltre, se i 5 anni considerati includono la frequenza della scuola primaria, allora viene richiesto anche il superamento del ciclo di studi con esito positivo come elemento fondamentale per il riconoscimento della cittadinanza;
  • il riconoscimento da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministero dell’Istruzione, dei requisiti essenziali che i percorsi di istruzione e formazione professionale devono possedere per essere considerati titoli idonei per l’acquisto della cittadinanza;
  • la presentazione su base volontaria della domanda di cittadinanza prima del compimento del diciottesimo compleanno, da parte di almeno un genitore legalmente residente in Italia o chi esercita la capacità genitoriale, all’ufficiale dello stato civile del Comune di residenza. In caso di mancanza di questa dichiarazione di volontà, l’interessato acquista la cittadinanza se ne fa richiesta all’ufficiale dello stato civile entro due anni dal raggiungimento della maggiore età;
  • gli ufficiali di anagrafe sono tenuti a comunicare ai residenti di cittadinanza straniera, nei sei mesi precedenti il compimento del diciottesimo anno di età, la possibilità di acquisire il diritto di cittadinanza. L’inadempimento di tale obbligo di informazione sospende i termini di decadenza per la dichiarazione di elezione della cittadinanza. Su questo punto ricordiamo l’impegno della Campagna “18 anni… in Comune!”, promossa sin dal 2011 da Save the Children con Anci e Rete G2 .

COME SI DIVENTA CITTADINI ITALIANI OGGI?

In Italia, l’acquisizione della cittadinanza italiana è attualmente regolamentata dalla Legge 91 del 1992, che stabilisce il cosiddetto ius sanguinis, ovvero il diritto di cittadinanza sin dalla nascita per chi è figlio di uno o entrambi i genitori cittadini italiani. La stessa legge prevede alcune salvaguardie contro l’apolidia e per chi ha genitori impossibilitati a trasmettere la propria cittadinanza. Anche i figli di ignoti trovati nel territorio italiano acquisiscono dalla nascita la cittadinanza italiana. 

Diverso è il caso dei minorenni di origine straniera nati in Italia. Secondo le norme attualmente vigenti, solo coloro che hanno risieduto legalmente e senza interruzioni nel nostro Paese fino al raggiungimento della maggiore età possono divenire cittadini italiani, presentando richiesta entro un anno dal compimento del diciottesimo compleanno. Una legge ormai superata nei fatti, per bambini, bambine e adolescenti che nascono e crescono in Italia insieme ai compagni di scuola, ma con meno diritti e opportunità. La mancata cittadinanza complica l’accesso ad attività extra scolastiche come la partecipazione a gite scolastiche e attività sportive.

La ricerca IMMERSE mostra inoltre come il possesso o la privazione della cittadinanza sia un elemento intersezionale che segna i vissuti e le esperienze delle “nuove generazioni di origine immigrata” in termini di socialità e partecipazione, insieme a molteplici altri fattori, come ad esempio la risorse cognitive e culturali, il genere e lo status socio-economico.

Al centro dell’intersezione tra appartenenze e culture diverse, i minorenni con background migratorio sviluppano infatti la loro identità in un contesto di relazioni multiple, sia con i gruppi di origine che con gli autoctoni, esponendosi a condizioni di vulnerabilità e discriminazione, spesso legate a stereotipi e costruzioni sociali e culturali della diversità:

«uno si sente diverso solo quando qualcun altro lo definisce così». (partecipante focus group)

Non riconoscere la cittadinanza italiana a questi bambini, bambine e giovani rischia di limitate il loro senso di appartenenza al territorio, alla comunità, e limitare il desiderio di partecipare alla vita sociale dei quartieri. Al contrario, il riconoscimento della cittadinanza italiana promuoverebbe l’integrazione e aprirebbe ad un senso di appartenenza e partecipazione, teso ad una cittadinanza globale e un’identità multistrato.

I tentativi di riforma

Molteplici sono stati i tentativi (purtroppo falliti) di modifica della Legge 91/1992. In generale, c’è stato un progressivo irrigidimento delle misure applicabili, prima con la Legge 94/2009 “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica” e poi con il cosiddetto “Decreto Sicurezza (DL 113/2018 convertito dalla Legge 132/2018). Entrambe le norme hanno infatti reso più costoso e lungo il procedimento di riconoscimento della cittadinanza.

Solo nel 2013 con il Decreto del Fare (DL 69/2013) si sono registrati alcuni importanti progressi a favore dei minorenni nati in Italia. Grazie a questa misura, infatti, si ottenne che almeno non venissero imputate al diretto interessato eventuali inadempienze riconducibili ai genitori o alla Pubblica Amministrazione, prevendendo anche proroghe per la presentazione della domanda di cittadinanza. 

La riforma in discussione sullo ius scholae rappresenterebbe un primo segnale positivo di cambiamento: sebbene il testo originale della proposta sia stato modificato in modo significativo, la nostra Organizzazione, in sinergia con tutte le realtà del Tavolo Cittadinanza*, crede che sia un’occasione unica per poter assicurare a tutti i bambini, le bambine e gli adolescenti, oggi stranieri solo per le anagrafi, una piena condivisione dei diritti e delle opportunità dei loro coetanei.

*Il Tavolo Cittadinanza è composto da Coordinamento Nazionale Nuove Generazioni Italiane – CoNNGI, movimento Italiani senza cittadinanza, ACLI, Amnesty International Italia, ARCI, Casa Cantiere Comune, CGIL, CILD, Cittadinanzattiva, Cospe, Lunaria, Rete degli studenti medi, Sant’Egidio, Save the Children Italia, Unione degli universitari.  

TESTO TRATTO DAL SITO UFFICIALE DI SAVE THE CHILDREN

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