Aperto il reclutamento di volontari per accompagnare invalidi e ciechi e per progetti in sardegna e Valle D’Aosta. Ma il governo inserisce di nuovo la clausola della cittadinanza bocciata dal tribunale di Milano: “È la legge…”
Roma – 29 gennaio 2013 – Ormai la posizione del governo italiano è chiarissima: il servizio civile è riservato ai giovani italiani.
Il tribunale di Milano dice di aprirlo anche agli stranieri, altrimenti è una discriminazione? Quella sentenza non conta nulla, valgono solo la legge 77/2002, che inserisce la cittadinanza italiana tra i requisiti, e un parere dato lo scorso luglio dall’Avvocatura Generale dello Stato secondo la quale quella norma è “in vigore ed efficace”, “non in contrasto con i principi comunitari” e “non manifestamente contrastante con i parametri costituzionali”.
Ha già fatto scalpore, a metà gennaio, il bando per i 350 volontari da impiegare nelle zone dell’Emilia colpite dal terremoto dello scorso maggio. E ora farà discutere il nuovo “Bando straordinario per la selezione di 457 volontari da impiegare in progetti di servizio civile in Italia” pubblicato ieri dal Dipartimento della gioventù e del servizio civile nazionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, guidato dal ministro Andrea Riccardi.
Ottantaquattro volontari sono destinati a progetti finanziati dalla Regione Sardegna, altri cinque a un progetto della Valle d’Aosta, gli altri trecentosessantotto accompagneranno in tutta Italia grandi invalidi e ciechi. Sono ragazzi tra i diciotto e i ventotto anni che si daranno da fare per dodici mesi, e ai quali il bando chiede di essere sani, incensurati e, ancora una volta, “cittadini italiani”. Nelle premesse, l’ormai usuale riferimento al parere dell’Avvocatura.
C’è un mese di tempo per le domande, e chissà che fino ad allora non nasca una battaglia legale simile a quella vinta a Milano da un giovane di origine pachistana insieme ad ASGI e Avvocati Per Niente. Intanto Daniele Lugli, difensore civico della Regione Emilia-Romagna, è intervenuto contro il bando per i volontari del terremoto, il cui “carattere discriminatorio”, sottolinea in una nota, “è particolarmente evidente se inserito nella nostra realtà che, invece, da anni conosce un Servizio civile regionale aperto a ragazzi e ragazze di ogni nazionalità”.
“L’apertura ai giovani non, o non ancora, di nazionalità italiana si mostra uno strumento di grande efficacia nell’integrazione tra pari in un compito condiviso” scrive Lugli. “Il Servizio civile – aggiunge – è un momento importante nella costruzione personale, nella formazione civica, nel passaggio alla piena responsabilità dei giovani. Come tale dovrebbe essere aperto a tutti, riconosciuto nella sua natura di investimento ineludibile e non di spesa improduttiva da tagliare”.
Considerazioni che, a quanto pare, non trovano ancora ascolto nei palazzi del governo.
EP