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Velo integrale. La Procura di Torino: “Legittimo in pubblico”

Chiesta l’archiviazione della denuncia contro una donna di origine egiziana di religione islamica: “Quando la Polizia glielo ha chiesto, ha scoperto il viso”

Roma – 11 giugno 2012 – Una donna può indossare il velo integrale come il burqa o il niqab anche in un luogo pubblico, purchè accetti di farsi riconoscere dalle forze dell’ordine.

 

È il ragionamento per cui la Procura di Torino ha chiesto l’archiviazione dalla denuncia presentata da un cittadino di Chivasso contro una donna musulmana di origine egiziana. L’uomo raccontava nel suo esposto di  averla vista entrare a gennaio in un centro commerciale ”completamente coperta da un sudario scuro” che presentava ”solo una fessura per gli occhi”.

Lo stesso cittadino  riteneva inoltre strano che alla stessa signora fosse stata rilasciata una carta di identità con una foto a capo velato, anche se a volto scoperto. E aveva allegato alla denuncia una fotocopia del documento di identità della donna (“Procuratosi chissa’ come” scrive la procura nella richiesta di archiviazione) lamentando che a lui l’anagrafe non aveva accettato una foto con un casco da lavoro in testa.

In ballo c’è l’ormai famoso articolo 5 della legge 152 del 1975, le “Disposizioni a tutela dell’ordine pubblico”. Dice che “è  vietato  l’uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico  o aperto al pubblico, senza giustificato motivo”.

Nella richiesta di archiviazione il procuratore aggiunto, Paolo Borgna, sottolinea infatti che la donna ”ha indossato il burqa non certo per rendere piu’ difficoltoso il riconoscimento della sua persona” e che se è vero che ”è stata notata in luogo pubblico con indosso un burqa integrale che le copriva interamente il viso, è altresi’ vero che la stessa alzo’ immediatamente il velo quando richiesto”. Nessun problema anche per la carta di identità, la cui foto deve “riprodurre il viso della persona nel modo in cui essa abitualmente si presenta”.

Il caschetto del pignolo chivassese è tutta un’altra cosa. “Non è verosimile” , scrive il pm, pensare  che l’uomo “ lo indossi abitualmente e sistematicamente. Un casco da cantiere non e’, dunque assimilabile ad un abito religioso”

EP

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