Sarà firmato dal leader del Pd e da Livia Turco. Gasparri taglia corto: "Non ci sono né numeri, né condizioni"
Roma – 1 settembre 2008 – Il Partito democratico presenterà nei prossimi giorni una proposta di legge costituzionale per far votare gli immigrati alle elezioni amministrative e locali. Il testo porterà la firma del segretario Walter Veltroni e dell’ex ministro Livia Turco, che ieri ha chiesto al suo partito un impegno in questa direzione.
Ad annunciare il pdl è lo stesso Veltroni in una lettera al presidente della Camera Gianfranco Fini, al quale chiede "di adoperarsi per consentire la più ampia discussione" del testo a Montecitorio e "di accelerarne quanto più possibile l’iter". Del resto, ricorda il leader del Pd, si tratta di una questione sulla quale lo stesso Fini "qualche tempo fa dimostrò sensibilità e apertura".
Parlando di accoglienza e integrazione, Veltroni sottolinea che “il diritto di voto agli immigrati nelle elezioni amministrative e quello ad essere eletti nelle istituzioni locali sono per noi un passo lungo questa strada. Al rigore con cui contrastare l’immigrazione clandestina e perseguire chi compie reati che privano i cittadini del loro fondamentale diritto alla sicurezza e alla serenità, si deve accompagnare, sempre, la ricerca e la promozione dell’integrazione”.
“Chi da tempo risiede in una delle città o dei tanti piccoli comuni italiani – scrive – e con il suo lavoro contribuisce alla vita della comunità di cui fa parte, chi ha i propri figli che studiano qui e che saranno gli artigiani, gli operai, i commercianti e i dirigenti di domani, come ha il dovere di pagare le tasse e di rispettare sempre e comunque la legge, deve aver riconosciuto tra gli altri diritti quello di contribuire a scegliere gli amministratori che prenderanno le decisioni anche per lui e per la sua famiglia".
"Il diritto di voto, la partecipazione, sono questo – conclude – un vincolo, una ulteriore assunzione di responsabilità verso la comunità in cui si vive, e insieme uno strumento di integrazione e di condivisione di un comune patrimonio di valori civili, un modo per sconfiggere ogni odiosa forma di discriminazione e per promuovere, al contrario, una più ampia e salda coesione sociale, una democrazia inclusiva".
Le reazioni
“Non mi sembra una cosa che si possa discutere domani mattina… Serve tempo”, commenta il vice presidente dei deputati della Pdl, Italo Bocchino, secondo il quale “prima di utilizzare un argomento del genere come oggetto di scontro politico, il Parlamento deve affrontare nel suo complesso la questione immigrazione a partire da come si entra in Italia e da come si acquista la cittadinanza”.
“Ma a quel punto – riconosce Bocchino – dobbiamo anche prevedere come un soggetto che viene in Italia e che rispetta regole e doveri previsti per gli italiani, debba avere uguali diritti nell’ambito di un clima di massima accoglienza possibile”. Insomma, “leggi molte restrittive per l’ingresso in Italia; regole sulla cittadinanza; e poi tutti i diritti possibili”.
Chiude, invece, il presidente dei senatori Pdl, Maurizio Gasparri, secondo il quale “non ci sono in Parlamento numeri e condizioni per un cambiamento della Costituzione, al quale sono peraltro sempre stato contrario ogni qual volta il tema è stato affrontato” “otano i cittadini italiani sia alle politiche che alle amministrative. La Costituzione è chiara e non va modificata – conclude Gasparri – Chi resta più di dieci anni in Italia può fare domanda e se diventa cittadino ha pienezza di diritti. La solidarietà non ha nulla a che vedere con il voto”.
Anche per la Lega, non se ne parla. “Come per il diritto di cittadinanza servono 10 anni diciamo così di ‘buona condotta’ nel nostro Paese, anche per maturare diritti di voto e diritti civici da parte di stranieri sarà necessario una lunga permanenza, almeno di 10 anni, nel nostro Paese”, dice il vicepresidente dei senatori della Lega, Sergio Divina, che taglia corto: “Per quanto riguarda il voto, dell’Italia decidono gli italiani, bisogna dimostrare con i fatti di essere legati al nostro Paese e di conoscerlo”.
Apre, invece, alla proposta di Veltroni, il leader Udc Pier Ferdinando Casini. "Un conto è il voto alle politiche, altro alle amministrative. – dice in un dibattito alla festa del Pd – Noi paghiamo tributi alle città e questo lo fanno tanti immigrati seri che tirano la carretta. Non è giusto quindi discriminarli nel voto alle amministrative. Essere contrari mi sembra un atteggiamento lievemente razzista".
Non è però sulla stessa linea il deputato dell’Udc Luca Volontè, secondo il quale, "è improponibile il diritto di voto agli immigrati slegato dalla cittadinanza. Senza la cittadinanza, più seria nei tempi e nelle prove da superare non è ragionevole immaginare di concedere il diritto di voto”.
“Si discuta di come rendere più seria l’acquisizione della cittadinanza, con prove sulla conoscenza delle leggi, della storia e della cultura italiana. Si giunga pure ad una sensibile riduzione dei tempi per diventare cittadini, ma – conclude l’esponente Udc – non si comprende la logica giuridica né lo stravagante non senso di concedere il diritto di voto a chi non sia cittadino italiano”.
Antonio Di Pietro, leader dell’Italia dei Valori, non entra nel merito della questione ma invita Veltroni a “non fare annunci anzi tempo e fuori tempo”. “E’ inutile – spiega – scrivere al presidente della Camera di mettere all’ordine del giorno una proposta di legge che non è stata ancora presentata e dei cui contenuti non conosciamo nè capo nè coda. L’estate è finita e la politica degli annunci lasciamola a Berlusconi”.
"Il segretario del Pd Walter Veltroni ha ragione, nel sollecitare con forza alle Camere e in particolare al presidente della Camera dei Deputati Gianfranco Fini, che sul punto si era espresso in modo abbastanza chiaro diversi anni fa, l’adozione di un provvedimento che consenta il diritto di voto dei cittadini immigrati residenti nel nostro Paese" dice invece il segretario di Rifondazione Comunista, Paolo Ferrero.
"Sono totalmente d’accordo e in questo senso mi sono sempre mossi, a costo di ricevere feroci e scomposte critiche – per lo più dai partiti di destra, gli stessi oggi al governo – quando ho avuto responsabilità di governo. Peraltro, un provvedimento del genere, e cioè concedere il diritto di voto agli immigrati, sarebbe il primo gesto e atto civile di una legislatura e di un governo che, per tanti versi, ha mosso i suoi primi passi, in questi mesi, in modo incivile".
EP