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Kenta: “Il mio rap fa ridere, ma è una spina nel fianco”

La novità della scena hip hop romana è una “terza generazione”. “Il nickname da Uomo Tigre? Scappo e torno vincitore”

Roma – 15 aprile 2013 – Fabio Perilli, in arte Kenta, è il rapper più comico della scena romana.

“La mia è una storia molto particolare, mi potrai praticamente definire una terza generazione. Mio padre è italo-eritreo e mia madre italo-etiope, sono entrambi nati in Eritrea e poi scappati nel 1975 per via della guerra civile. Il destino ha voluto che si conoscessero in aereo e da quel momento in poi non si sono più separati. Una volta a Roma si sono sposati e dopo pochissimo sono nato io”.

“Rispetto a molti altri ragazzi con genitori stranieri, io sono stato fortunato, sono nato cittadino e in casa si è sempre parlato italiano, l’unica differenza con i miei coetanei era il colore della mia pelle e i miei capelli troppo ricci”.

“A farmi capire che ero ‘diverso’ è stata una domanda di un mio compagno di classe delle elementari: “perché lui è nero e noi no?”, ma in realtà è solo crescendo che ho iniziato a rendermi conto di certe cose e a farmi mille domande e paranoie. A volte mi sentivo come una goccia colorata in un mare di latte”.

“Ci sono state diverse situazioni in cui ho provato sulla mia pelle il razzismo, in tutte le sue sfaccettature. Il padre della mia prima fidanzatina mi proibì di uscire con lei perché nero, la ricerca del lavoro molto spesso è stata estenuante, ma ho sempre cercato di andare avanti”.

“Dopo il diploma in ragioneria, ho dovuto rispondere alla classica chiamata e svolgere i miei mesi da bravo soldato a Milano. Quando fai il militare ci trovi tutta l’Italia, diverse mentalità e punti di vista, alcuni non avevano mai visto una persona nera nella loro vita. Quei dieci mesi li ho passati tranquillamente tutto sommato: il maresciallo della mia squadra era sposato con una donna eritrea e mi ha preso sotto la sua ala protettiva”.

“A Roma non mi aspettavano prospettive esaltati e alcuni amici mi hanno convinto a partire con loro per un’avventura a Londra di tre mesi, che però si sono trasformati in dieci anni. Come tutti ho iniziato con un lavoretto per imparare l’inglese, poi sono anche riuscito ad ottenere posizioni lavorative molto buone, sono stato interprete per un’azienda italiana che operava in Inghilterra”.

“A Londra per molto versi mi sono sentito a casa più che a Roma. Il modo in cui si sono mescolate le culture, il così detto melting pot è una caratteristica unica londinese. Li sono alla quarta generazione d’immigrazione, noi siamo solo alla seconda, è sicuramente una questione di tempo, ma è anche il modo in cui un Paese approccia al cambiamento”.

“Quando sono dovuto tornare a Roma per questioni familiari, ho deciso di scommettere su me stesso tirando fuori il sogno che mi sono sempre portato nel cassetto: fare musica”.

“Sono cresciuto nella cultura rap, a Roma la mia crew di iniziazione all’ hip hop fu la “Flaminio Maphia”. Anche a Londra il rap è continuato ad essere il mio punto di riferimento. Ho sempre composto qualche rima, ma non l’ho mai condiviso come ora. Ho fatto molte collaborazioni con altri artisti e ho anche preso parte al programma tv della Guzzanti, 1,2,3…stella su La7. Uno dei miei pezzi è anche in una compilation realizzata da Mr. Phil, che ha riunito gli artisti hip hop romani e non solo. Finalmente il 22 aprile esce il mio primo mixtape ‘Diverso’ con un nuovo video ‘afro robot”’.

“Il mio lavoro è totalmente autofinanziato e quindi è anche molto lento. Al momento sono uscito con tre video che hanno riscosso un discreto successo. Il mio stile è indubbiamente contaminato dallo stile anglosassone, questo si nota anche nei miei video di cui sono registra e sceneggiatore, impostati sulla logica di mini sketch. Credo che il mio punto forte sia quello di giocare con l’ironia che è un modo nuovo di fare rap sulla scena romana, infatti sono anche stato contestato dagli altri artisti, ma è una mia particolarità far ridere con una spina nel fianco".

“Kenta è il mio nickname, mi accompagna sin da bambino. Fa riferimento al personaggio del cartone animato ‘L’uomo tigre’. Kenta è il ribelle che scappa e che torna vincitore. Spero che anche la mia storia finisca così”.

Samia Oursana
 

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