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Cittadinanza. Come procedere in casi di riconciliazione

Ministero dell’Interno, circolare n° 6415/2011 del Ministero dell’Interno determina che si può presentare la richiesta di cittadinanza ai sensi dell’art.5 della Legge 91/92 nel caso di riconciliazione tra lo straniero e il cittadino italiano.

L’acquisto della cittadinanza italiana da parte dello straniero coniugato con un cittadino italiano è regolato dalla legge n. 91/92 (in particolare dagli artt. 5,6,7 e 8). Attualmente la normativa prevede che lo straniero può presentare la domanda per la cittadinanza dopo 2 anni di matrimonio e di residenza effettiva nel territorio italiano o dopo 3 anni di matrimonio se la residenza è fissata all’estero. Nel caso ci siano figli, nati o adottati dalla coppia, la tempistica viene ridotta alla metà. La stessa legge prevede che fino al momento dell’adozione del decreto di cittadinanza non deve esserci stato scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché separazione personale fra i coniugi. Ciò vuol dire che se la separazione personale avviene dopo il deposito dell’istanza, quindi, durante la trattazione della pratica, la richiesta viene dichiarata inammissibile. Solo se la separazione avviene dopo la prestazione del giuramento in seguito al decreto di concessione, lo straniero diventato italiano non perde la cittadinanza acquisita.

La circolare in oggetto prende in esame i casi in cui dopo la separazione ci sia una effettiva riconciliazione fra i coniugi (art. 157 del Codice Civile) che determina l’annullamento della sentenza di separazione purché annotata al margine dell’atto di matrimonio. La volontà di ricongiungersi deve essere annotata al margine dell’atto di matrimonio. In questi casi il periodo temporale necessario per l’ottenimento della cittadinanza, inizia a decorrere dal momento dell’avvenuta riconciliazione, e non più dalla data del matrimonio, rimane di almeno 2 anni di residenza legale nel territorio italiano o di 3 anni nel caso di residenza all’estero. La tempistica viene ridotta alla metà in presenza di figli nati o adottati durante il matrimonio.

Un altro importante chiaramento riguarda il termine di conclusione del Ministero dell’Interno per riconoscere o rifiutare la cittadinanza.

Se la domanda della cittadinanza è legata al matrimonio con un cittadino italiano, una volta decorso il termine di legge di 730 giorni per concludere il procedimento, il richiedente diventa titolare di un diritto soggettivo pieno all’acquisto della cittadinanza italiana, e il Prefetto non può più rigettare l’istanza.

Se si tratta, però, di una richiesta legata al periodo di residenza in Italia (art. 9 della legge 91/92 – cittadinanza per naturalizzazione), l’eventuale ritardo della Prefettura nell’adottare un provvedimento di accoglienza o meno della domanda, non rappresenta una mancanza della Pubblica Amministrazione. In tal caso si può soltanto chiedere al Tribunale di obbligare alla Pubblica Amministrazione ad adottare in provvedimento in merito.

 

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