in

Consiglio di Stato – VI Sezione– Sentenza n. 5924 del 3 dicembre 2008

Consiglio di Stato – VI Sezione  – Sentenza n. 5924 del 3 dicembre 2008
Il Consiglio di Stato ha ritenuto legittimo il provvedimento con il quale la Questura di Firenze ha negato il rinnovo del permesso di soggiorno adottato a causa di una condanna in materia di stupefacenti anche in considerazione della condotta di vita tenuta dall’attuale ricorrente.
Nel caso di specie il Collegio conferma la motivazione dei giudici amministrativi i quali hanno ritenuto correttamente trattarsi di reato ostativo al rilascio del permesso richiesto, ai sensi degli artt. 4, comma 3, e 5, comma 5, d.lgs. n. 286/1998, non ravvisando alcun contrasto tra le norme citate e quelle di cui al d.lgs. 8 gennaio 2007 n. 3, emesso in “attuazione della direttiva 2003/190/CE relativa allo status di cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo”, dato che solo in sede di rilascio del “permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo” (che ha sostituito la carta di soggiorno), presupponente la titolarità di un permesso di soggiorno almeno quinquennale in corso di validità, la legge esige che la p.a. proceda ad una valutazione di pericolosità dello straniero, tenendo conto di eventuali condanne penali anche non definitive (cfr. art. 9, d.lgs. n. 286/1998, come sostituito dal citato d.lgs. n. 3/2007); l’attuale appellante, infatti,  non avrebbe potuto avvalersi della normativa ex d.lgs. n. 3/2007, in quanto non titolare di un valido permesso di soggiorno almeno quinquennale, essendo essa entrata in Italia il 10 giugno 2002 ed essendo titolare di un permesso di soggiorno per lavoro autonomo valido solo fino al 30 dicembre 2006 (per l’applicabilità  dell’art. 4, comma 3, d.lgs. n. 286/1998, non occorre che la sentenza sia passata in giudicato: cfr. C.d.S., sez. VI, dec. 30 gennaio 2007 n. 359).
Il Collegio ha ritenuto altresì infondate le dedotte questioni di costituzionalità, rientrando nella discrezionalità del legislatore ordinario ogni valutazione circa i casi in cui imporre un apprezzamento dell’eventuale pericolosità sociale del soggetto interessato.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.5924/08
Reg.Dec.
N. 585 Reg.Ric.
ANNO   2008
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE

sul ricorso in appello n. 585/2008, proposto da:
– Shqalshi Rudina, rappresentata e difesa dagli avv.ti Filippo Cei e Giovanni Flora ed elettivamente domiciliata con loro presso lo studio dell’avv. Enrico Vedova, in via Tarvisio n. 3, Roma, appellante;
contro
– il Ministero dell’interno, in persona del Ministro in carica, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente in carica, e la Questura di Firenze, in persona del Questore in carica, tutti rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in via dei Portoghesi n. 12, Roma, appellati;
per l’annullamento e/o la riforma, previa sospensione dell’efficacia,
della sentenza breve del T.a.r. Toscana, Firenze, sezione I, n. 4175/2007 del 22/11/07, resa tra le parti e concernente il diniego di rilascio del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, di cui al provvedimento 28 maggio 2007 n. 70 del Questore di Firenze.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della p.a. appellata;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 28 ottobre 2008, il Consigliere Aldo SCOLA;
Udito, per la p.a. appellata, l’avvocato dello Stato Anna Collabolletta;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO
L’attuale appellante, originaria ricorrente, impugnava il provvedimento 28 maggio 2007 n. 70, con il quale il Questore della Provincia di Firenze aveva respinto l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno, per varie forme di violazione di legge e di eccesso di potere.
La p.a. intimata si costituiva in giudizio e resisteva al ricorso, che veniva respinto con sentenza, breve prontamente impugnata dall’interessata soccombente per violazione degli artt. 21 e 26, legge n. 1034/1971; degli artt. 4 e 5, d.lgs. n. 286/1998; dell’art. 9, d.lgs. n. 3/2007; vizio di motivazione su di un punto essenziale della vertenza; errata valutazione di fatti e documenti; incostituzionalità.
La p.a. appellata si costituiva in giudizio e resisteva al gravame.
All’esito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in decisione, dopo il rigetto di una domanda cautelare (v. ordinanza n. 1056/2008 della sezione VI del Consiglio di Stato).
DIRITTO
Prima di affrontare il merito del presente ricorso, appare opportuno delineare brevemente i principi cui si è ispirato il legislatore nel disciplinare l’ingresso e il soggiorno dei cittadini extracomunitari in Italia, in particolare con la legge 6 marzo 1998 n. 40.
Va, innanzitutto, rilevato che la scelta è stata quella di individuare una strada intermedia tra l’apertura incondizionata al flusso migratorio e la chiusura totale, sulla scia di quanto è avvenuto nel corso della storia in quasi tutti i Paesi democratici.
La normativa italiana si ispira conseguentemente al principio del cosiddetto flusso regolato, tendente cioè ad ammettere l’ingresso e il soggiorno degli stranieri nel limite di un numero massimo accoglibile, tale da assicurare loro un adeguato lavoro, mezzi idonei di sostentamento, in una parola un livello minimo di dignità e di diritti, e tra questi, quelli alla casa ed allo studio.
Quale corollario alla decisione di porre un limite all’ingresso dei cittadini extracomunitari, si pone l’obbligo di espulsione per quelli che non sono in regola, sia in relazione all’ingresso, sia al soggiorno.
Due sono i limiti esterni all’impostazione sopra esposta: uno è dato dalle ragioni di ordine pubblico e di sicurezza dello Stato, per cui, quando sono in gioco tali valori, uno straniero può sempre essere espulso, anche ove si trovi regolarmente in Italia.
L’altro limite, questa volta di segno opposto, è dato da particolari esigenze umanitarie, che consentono una deroga alle norme sull’ingresso; si tratta, infatti, di dare priorità ai principi dei diritti dell’uomo fatti propri dalla Costituzione ed introdotti nell’ordinamento italiano con la ratifica di numerosi accordi internazionali.
Viene in rilievo, in particolare, la tutela della famiglia e dei minori (donde le deroghe all’ingresso per favorire il ricongiungimento familiare), di coloro che si trovano in particolari situazioni di difficoltà (per cui si concede l’asilo per straordinari motivi umanitari, come è avvenuto per gli sfollati dalla ex Jugoslavia), fino a giungere, in caso di persecuzioni dovute a ragioni etniche, religiose o politiche, alla concessione dello status di rifugiato politico.
E’ evidente quindi che, come affermato dalla Corte costituzionale (sentenza 21 novembre 1997 n. 353), le ragioni della solidarietà umana non possono essere sancite al di fuori di un bilanciamento dei valori in gioco: tra questi, vi sono indubbiamente la difesa dei diritti umani, la tutela dei perseguitati ed il diritto di asilo, ma altresì, di non minore rilevanza, il presidio delle frontiere (nazionali e comunitarie), la tutela della sicurezza interna del Paese, la lotta alla criminalità, lo stesso principio di legalità, per cui chi rispetta la legge non può trovarsi in una posizione deteriore rispetto a chi la elude.
Il bilanciamento dei vari interessi in gioco è stato effettuato dal legislatore, che ha graduato le varie situazioni: in alcuni casi, ad esempio, ha disposto l’espulsione dello straniero in via quasi automatica, al semplice verificarsi di determinati presupposti, mentre, in altri, ha ammesso una certa discrezionalità in capo all’amministrazione, nella valutazione e ponderazione dei fatti.
Naturalmente, anche nell’applicazione della normativa sui cittadini extracomunitari trovano ingresso i principi generali dell’ordinamento, in specie quelli regolanti l’attività della p.a., tra cui basterà menzionare quello relativo all’obbligo della motivazione dell’atto amministrativo (più attenuato qualora si tratti di un atto dovuto, più stringente qualora la discrezionalità dell’amministrazione sia più estesa), quello dell’economicità dell’azione amministrativa, per cui determinate irregolarità si considerano sanate qualora l’atto abbia raggiunto il suo scopo, ed infine la potestà dell’amministrazione di revocare in ogni tempo un atto amministrativo ad effetti permanenti, qualora vengano meno i presupposti per la sua concessione.
Nella specie, con il ricorso introduttivo l’attuale appellante impugnava il provvedimento indicato in epigrafe, con il quale era stata rigettata l’istanza di rinnovo di permesso di soggiorno per motivi di lavoro dalla medesima presentata, sulla base dei seguenti motivi:
a) la condanna riportata dalla ricorrente per il reato di cui all’art. 73 cit. (essendo il riferimento anche al reato di cui all’art. 74 frutto di mero refuso), d.P.R. n. 309/1990, in materia di stupefacenti, alla pena di anni 6 di reclusione ed euro 26.000,00 di multa;
b) la considerazione che l’interessata avrebbe mantenuto una condotta di vita contraria alla civile convivenza, vivendo, anche in parte, con i proventi di attività delittuose.
Correttamente i primi giudici (ricordando come la comunicazione dei motivi ostativi al rilascio risultasse sufficientemente argomentata con richiamo alla natura del delitto commesso) hanno ritenuto trattarsi di reato ostativo al rilascio del permesso richiesto, ai sensi degli artt. 4, comma 3, e 5, comma 5, d.lgs. n. 286/1998, non ravvisando alcun contrasto tra le norme citate e quelle di cui al d.lgs. 8 gennaio 2007 n. 3, emesso in “attuazione della direttiva 2003/190/CE relativa allo status di cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo”, dato che solo in sede di rilascio del “permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo” (che ha sostituito la carta di soggiorno), presupponente la titolarità di un permesso di soggiorno almeno quinquennale in corso di validità, la legge esige che la p.a. proceda ad una valutazione di pericolosità dello straniero, tenendo conto di eventuali condanne penali anche non definitive (cfr. art. 9, d.lgs. n. 286/1998, come sostituito dal citato d.lgs. n. 3/2007); in ogni caso, l’attuale appellante non avrebbe potuto avvalersi della normativa ex d.lgs. n. 3/2007, in quanto non titolare di un valido permesso di soggiorno almeno quinquennale, essendo essa entrata in Italia il 10 giugno 2002 ed essendo titolare di un permesso di soggiorno per lavoro autonomo valido solo fino al 30 dicembre 2006 (per l’applicabilità  dell’art. 4, comma 3, d.lgs. n. 286/1998, non occorre che la sentenza sia passata in giudicato: cfr. C.d.S., sez. VI, dec. 30 gennaio 2007 n. 359).
A tutto ciò deve solo aggiungersi che risultano manifestamente infondate le dedotte questioni di costituzionalità, rientrando nella discrezionalità del legislatore ordinario ogni valutazione circa i casi in cui imporre un apprezzamento dell’eventuale pericolosità sociale del soggetto interessato.
L’appello va, dunque, respinto, con salvezza dell’impugnata sentenza, mentre le spese del giudizio di seconda istanza possono integralmente compensarsi, per giusti motivi, tra le parti in causa, tenuto anche conto del loro reciproco impegno difensivo e della natura della vertenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta,
– respinge l’appello;
– compensa spese ed onorari del giudizio di secondo grado.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, Palazzo Spada, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, – Sez.VI – nella Camera di Consiglio del 28 ottobre 2008, con l’intervento dei signori magistrati:
Claudio VARRONE    Presidente
Luciano BARRA CARACCIOLO    Consigliere
Aldo SCOLA    Consigliere, Rel. Est.
Roberto CHIEPPA    Consigliere
Roberto GAROFOLI    Consigliere

Presidente
CLAUDIO VARRONE
Consigliere       Segretario
ALDO SCOLA     GLAUCO SIMONINI

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/12/2008
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
MARIA RITA OLIVA

CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)

Addì……………………………..copia conforme alla presente è stata trasmessa

al Ministero………………………………………………………………………………….

a norma dell’art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642

      Il Direttore della Segreteria

Clicca per votare questo articolo!
[Totale: 0 Media: 0]

IMMIGRAZIONE: GIOVANARDI, SENTENZA GENITORE NON E’ SBAGLIATA

Cassazione: fece entrare figlia clandestina, assolto immigrato