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TAR Umbria sentenza del 20 novembre 2008 legittimo diniego rinnovo pds

TAR Umbria sentenza del 20 novembre 2008 legittimo diniego rinnovo pds
TAR Umbria Sentenza n. 757 del 20 novembre 2008 diniego rinnovo permesso di soggiorno per lavoro subordinato. 
Nel caso di specie, il  ricorrente, cittadino indiano presente in Italia con permesso di soggiorno per lavoro autonomo, ha chiesto alla Questura di Terni il rinnovo del permesso medesimo, giunto a scadenza. il Questore ha respinto la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno. Con separato provvedimento del Prefetto lo straniero è stato espulso.
Con il primo motivo del ricorso contro il diniego di rinnovo del permesso il ricorrente lamenta che il provvedimento gli sia stato notificato in lingua italiana senza la doverosa traduzione in una lingua da lui conosciuta.
Tale censura è infondata: secondo la costante giurisprudenza dei giudici amministrativi, la mancata traduzione in una lingua straniera conosciuta dal destinatario non è un vizio del provvedimento, ma, al più, della sua comunicazione. Ne consegue che tale vizio è superato e diviene irrilevante quante volte si dimostri che l’interessato è stato comunque in grado di intendere il contenuto del provvedimento e di proporre un regolare ricorso.
Per il resto, il ricorrente contesta i presupposti del provvedimento e, comunque, la sua motivazione.
In proposito, il Collegio osserva che l’atto impugnato appare motivato essenzialmente con la considerazione che l’interessato ha riportato il 21 dicembre 2007 una condanna “patteggiata” a un anno e sei mesi di reclusione per il delitto di aver promosso e favorito l’immigrazione clandestina, con aggravanti.
Tuttavia, il Tribunale evidenzia che tale precedente penale è tra quelli che, per il combinato disposto dell’art. 5, comma 5, e dell’art. 4, comma 3, del t.u. n. 286/1998, comportano il divieto del rilascio e del rinnovo di un permesso di soggiorno. La Questura ha, inoltre, arricchito la motivazione con riferimenti ampi e circostanziati ad altri fatti che costituiscono «chiara espressione di una indole violenta, aggressiva e tendente a delinquere, tale da far ritenere lo straniero pericoloso per l’ordine e la sicurezza pubblica e capace di reiterare i fatti criminosi commessi in precedenza». In conclusione il ricorso viene respinto dal TAR.

N. 00757/2008 REG.SEN.
N. 00449/2008 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Umbria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 449 del 2008, proposto da:
Joginder Singh, rappresentato e difeso dall’avv. Silvia Ceppi, con domicilio eletto presso Silvia Ceppi in Perugia, via Marconi, 5;
contro
Questore di Terni, Ministero dell’Interno, Ministero dell’Interno Dirigente dell’Ufficio Dirigenziale Generale, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Stato, domiciliata per legge in Perugia, via degli Offici, 14;
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia,
del Provvedimento del Questore di Terni, emesso in data 18 luglio 2008 e notificato al ricorrente in data 18 settembre 2008 con il quale l’Amministrazione rifiutava di rinnovare al Sig. Singh il permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Questore di Terni e del Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 19/11/2008 il Pres. Pier Giorgio Lignani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente, cittadino indiano presente in Italia con permesso di soggiorno per lavoro autonomo, ha chiesto alla Questura di Terni il rinnovo del permesso medesimo, giunto a scadenza.
Con provvedimento del 18 luglio 2008, il Questore ha respinto la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno. Con separato provvedimento del Prefetto lo straniero è stato espulso.
L’interessato impugna in questa sede il diniego del permesso di soggiorno, deducendo vari motivi di legittimità.
Resiste l’Amministrazione dell’Interno.
In sede di trattazione della domanda cautelare in camera di consiglio, le parti hanno aderito alla definizione immediata della controversia ed il Collegio ritiene di poter procedere in conformità.
2. Con il primo motivo del ricorso il ricorrente lamenta che il provvedimento gli sia stato notificato in lingua italiana senza la doverosa traduzione in una lingua da lui conosciuta.
La censura è infondata: secondo la costante giurisprudenza dei giudici amministrativi, la mancata traduzione in una lingua straniera conosciuta dal destinatario non è un vizio del provvedimento, ma, al più, della sua comunicazione.
Ne consegue che tale vizio è superato e diviene irrilevante quante volte si dimostri che l’interessato è stato comunque in grado di intendere il contenuto del provvedimento e di proporre un regolare ricorso. Si potrebbe discutere di una eventuale rimessione in termini per errore scusabile, ma nel caso presente il problema non si pone perché il ricorso è stato proposto nei termini.
3. Per il resto, il ricorrente contesta i presupposti del provvedimento e, comunque, la sua motivazione.
In proposito, il Collegio osserva che l’atto impugnato appare motivato essenzialmente con la considerazione che l’interessato ha riportato il 21 dicembre 2007 una condanna “patteggiata” a un anno e sei mesi di reclusione per il delitto di aver promosso e favorito l’immigrazione clandestina, con aggravanti.
Tale precedente penale è tra quelli che, per il combinato disposto dell’art. 5, comma 5, e dell’art. 4, comma 3, del t.u. n. 286/1998, comportano il divieto del rilascio e del rinnovo di un permesso di soggiorno.
4. Il ricorrente deduce tuttavia che non si poteva tener conto unicamente della sentenza penale, ma si doveva valutare in concreto la pericolosità sociale del soggetto.
Il Collegio osserva che, al contrario, i citati artt. 4 e 5 sono inequivoci nel senso che il diniego del permesso di soggiorno è tassativamente dovuto per il solo fatto che sia stata riportata una condanna penale (anche “patteggiata”) per determinati reati, senza alcun margine di discrezionalità al riguardo.
Tuttavia, dato e non concesso che la sentenza penale da sola non sia sufficiente, in questo caso la Questura ha arricchito la motivazione con riferimenti ampi e circostanziati ad altri fatti che a suo avviso costituiscono «chiara espressione di una indole violenta, aggressiva e tendente a delinquere, tale da far ritenere lo straniero pericoloso per l’ordine e la sicurezza pubblica e capace di reiterare i fatti criminosi commessi in precedenza».
Va notato che il ricorrente in nessun modo smentisce i fatti analiticamente menzionati nel provvedimento, ma si limita a far presente che per essi non sono intervenute sentenze definitive; argomento, questo, che il Collegio giudica ininfluente. Ed invero, stante che i fatti non sono controversi, l’autorità di pubblica sicurezza ben può assumerli come indice di una personalità pericolosa per la sicurezza pubblica, anche se i relativi procedimenti penali sono ancora in itinere.
5. In conclusione, il ricorso va respinto. Si ravvisano tuttavia giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite, tenuto conto della presumibile insolvenza del ricorrente e della conseguente opportunità che l’amministrazione non sia onerata dal dover procedere alla riscossione di un credito con tutta probabilità inesigibile.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale rigetta il ricorso. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 19/11/2008 con l’intervento dei Magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente, Estensore
Annibale Ferrari, Consigliere
Carlo Luigi Cardoni, Consigliere
   
   
IL PRESIDENTE, ESTENSORE  
   
   
   
   
   
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/11/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO

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