Ormai è una parola abusata, qui in Italia riguarda solo i consumi. Un tempo era essere onesti e aiutare il prossimo
Roma – 5 marzo 2014 – “Halal” è una parola che ormai viene usata e abusata: “Carne Halal ,Birra halal, mortadella halal …champagne halal”.
Il concetto halal come l’ ho vissuto nei miei primi vent’anni nel mio amato paese il Marocco era sinonimo di rispetto per sè e per gli altri, era non dire bugie, era essere onesti, non rubare , non prostituirsi, non bere, non uccidere…. Era solidarietà con il prossimo, era tante pratiche che rafforzano il vivere in una società giusta e nella legalità. Erano tutti quei gesti semplici di mia madre che ospitava gli orfani a casa dicendo “dove mangia una persona ne mangiano due”
Questo era per me vivere halal.
In Europa , dopo la mia immigrazione dal mio primo paese Marocco al mio secondo paese Italia ho cominciato a conoscere un altro mondo Halal, un halal legato soprattutto al cibo, diventato simbolo di un identità religiosa.
Ecco allora la “macelleria halal“dove tu poi comprare carni macellate osservando il rito musulmano, che è uguale a quello ebraico, e poi tutti i cibi tipici del paese di provenienza: “ Marocco, Egitto, Tunisia, Pakistan……etc.”
Quando la parola Halal ha assunto uno spessore diverso, non più di esigenza gastronomica ma di identità religiosa, è diventato obbligatorio andare al negozio halal, consumare halal. Questo poi si è trasformato in un affare e si è esteso anche a tutti i cibi “haram”, quelli che un musulmano non può consumare, facendo nascere salame, mortadella e alcolici halal.
Fino qua va bene, ma la vita halal è diventata solo consumare halal. Se io spaccio non fa nulla, se mi prostituisco non fa nulla… ma devo mangiare halal se no vengo additata, perché se io faccio haram, se pecco, nessuno mi vede, ma se non mangio halal la comunità mi vede .
Cosi spero in un ritorno alla vecchia vita halal, semplice, coerente e senza esibizionismi. Come quella di mia madre.
Lala Zineb Maarouf Dafali
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