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Il racconto di un sopravvissuto al naufragio nello Jonio: “Ho visto neonati inghiottiti dal mare”

Roma, 19 giugno 2024 – Un altro tragico naufragio nel Mediterraneo ha lasciato dietro di sé un bilancio drammatico: 60 migranti risultano dispersi e solo 11 sono stati salvati. Tra loro c’era anche Wafa Ramin, un ventenne curdo, che al Corriere della Sera ha raccontato l’orrore vissuto durante cinque giorni alla deriva, senza cibo né acqua, mentre i corpi dei compagni morti galleggiavano accanto. A bordo c’erano anche 27 bambini. Solo la piccola Nalina, di 10 anni, però, è riuscita a sopravvivere.

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Migranti, il racconto di Wafa

Il naufragio è avvenuto domenica notte, a 120 miglia da Roccella Ionica, nello Jonio reggino. Wafa, ricoverato nel reparto di ortopedia dell’ospedale di Locri, ha le mani gonfie per i dolori causati dal lungo periodo trascorso aggrappato alla fiancata dello scafo e le gambe rotte. Il trauma psicologico che ha subito è incalcolabile. Il veliero, partito da Bodrum, Turchia, lo scorso 8 giugno, trasportava 80 migranti, tra cui famiglie irachene, siriane, pakistane e iraniane. “Il viaggio ci è costato 10 mila euro a persona. Dopo due giorni dalla partenza, il veliero ha iniziato a imbarcare acqua. Le onde si facevano sempre più impetuose. Avevamo paura di non farcela, il nostro capitano ci rassicurava che presto il mare si sarebbe calmato e avremmo potuto navigare con più tranquillità. Ad un tratto, però, di notte, abbiamo sentito un botto e una fiammata si è levata dal vano motore nella stiva del veliero.

Il capitano ha cercato di spegnere le fiamme buttando acqua, ma le falle erano sempre di più e l’acqua aveva invaso buona parte della stiva». E poi? «Il veliero si è inclinato, ognuno cercava di tenersi aggrappato a qualcosa. Le onde, alte, per alcuni sono state un vero ostacolo e così ad uno ad uno, sfiniti, senza più forza nelle mani, hanno lasciato la presa inghiottiti dal mare“, racconta Wafa con lo sguardo ancora perso nel vuoto. “Il regime iracheno non ci permetteva più di vivere una vita decorosa, così ho deciso di partire da solo per arrivare in Belgio, dove avrei voluto cercare un lavoro e formare una famiglia.”

Wafa, tra l’altro, spiega di aver visto molte imbarcazioni avvicinarsi, senza che nessuna si fermasse per prestare soccorso. Quando le speranze stavano svanendo, un natante francese è arrivato in loro aiuto, trasferendoli poi su un mercantile inviato dalla Capitaneria di porto di Roccella Ionica.

Nalina, ricoverata nel reparto di pediatria dell’ospedale di Locri, invece, è arrivata al pronto soccorso con traumi e lividi su tutto il corpo, disidratata e con ustioni sul viso. Il primario del reparto, Antonio Musolino, ha spiegato che le sue condizioni, inizialmente critiche, stanno migliorando. “È arrivata al pronto soccorso a petto nudo, con un numero 1 impresso su un foglio, attaccato sulla pelle con lo scotch. Presentava un forte trauma cranico e lividi in tutto il corpo. Ora continua a chiedere dei suoi due fratellini e della madre,” racconta Musolino. Le infermiere del reparto le hanno regalato un orsacchiotto, e lei ha risposto con un sorriso. La sua zia, anche lei a bordo del veliero, è ricoverata all’ospedale di Soverato, e si spera che presto possano ricongiungersi.

La procura di Locri ora ha avviato un’indagine per accertare eventuali responsabilità e per capire perché molte imbarcazioni di passaggio non abbiano prestato soccorso ai superstiti. Il commissariato di polizia di Siderno è stato incaricato delle indagini. Il recupero dei corpi e la ricerca dei dispersi continuano, con la Guardia Costiera che ha già recuperato sei corpi martedì.

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