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Migranti, crisi abitativa e tendopoli fuori dal Politecnico di Milano: “Colpevoli di essere stranieri”

Roma, 25 settembre 2024 – In piazza Leonardo da Vinci, davanti al Politecnico di Milano, sono spuntate una quindicina di tende. Ospitano una quarantina di persone costrette a vivere all’aperto dopo l’incendio che ha devastato il capannone industriale abbandonato in via Fracastoro, nella periferia nord-est della città. Kamisolamin, gambiano, è uno di loro. In Italia da oltre otto anni, lavora come addetto alla sicurezza anti-taccheggio, ma nonostante il contratto e uno stipendio che non supera i mille euro al mese, trovare una casa si è rivelato impossibile. “Sono andato in un’agenzia immobiliare, ma mi hanno detto che, anche con un contratto a tempo indeterminato, non danno case a persone come me“, ha infatti raccontato.

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Migranti, la crisi delle tendopoli fuori dal Politecnico di Milano

Non è solo Kamisolamin a trovarsi in questa difficile situazione. Come spiega Agi, le tende che ospitano gli sfollati dell’incendio rappresentano solo una parte di coloro che, pur lavorando regolarmente in settori come la logistica, la sicurezza e i servizi, non riescono ad accedere al mercato degli affitti. Molti di loro, come spiega la Rete Solidale Ci Siamo, non possono essere considerati semplicemente “senza dimora”, come spesso indicato dai media. Sono lavoratori che contribuiscono all’economia italiana, ma che si trovano esclusi da un mercato immobiliare sempre più inaccessibile per chi non ha contratti stabili e garanzie adeguate.

Le tende sono diventate una casa temporanea per queste persone, molte delle quali erano già state sgomberate in passato da altri alloggi precari, come gli ex bagni pubblici di via Esterle, destinati a diventare la prima moschea ufficiale di Milano. In mezzo alla solidarietà degli studenti e di associazioni locali, che portano cibo e materassini, i residenti temporanei delle tende raccontano la loro vita di precariato e sfruttamento. “Lavoro in campagna in Piemonte, prendo sei euro l’ora”, dice Keita, un altro gambiano. “Non ho mai vissuto in una casa in Italia, anche se sono qui da dieci anni”.

Il caro affitti e la discriminazione

L’esclusione dal mercato immobiliare per questi lavoratori è dovuta a una combinazione di costi elevati e requisiti contrattuali stringenti. Tuttavia, come emerge dal manifesto redatto dagli sfollati insieme ai sostenitori italiani, la discriminazione gioca un ruolo importante. “In questi ultimi anni non siamo riusciti a trovare un appartamento o una stanza in condivisione a causa dei costi sempre più elevati e delle garanzie richieste dai proprietari, che noi, lavoratori con contratti brevi e a basso reddito, non riusciamo a fornire”, si legge nel documento.

L’incendio avvenuto nel capannone industriale la notte del 19 settembre e la successiva mancanza di alloggi non fanno che mettere in luce una più ampia crisi abitativa che colpisce non solo i migranti, ma anche molti cittadini italiani. La protesta in piazza Leonardo da Vinci si inserisce infatti nel più ampio contesto delle mobilitazioni contro il caro affitti, che ha visto protagonisti anche gli studenti, anch’essi alle prese con una città che diventa sempre più inaccessibile per le fasce meno abbienti della popolazione.

Una richiesta di politiche abitative

Il caso di Kamisolamin e degli altri lavoratori rimasti senza casa dopo l’incendio mette in evidenza l’urgenza di una politica abitativa che tenga conto delle esigenze di chi, pur lavorando, non riesce a permettersi un alloggio dignitoso. “Per noi non è prevista una politica abitativa e sociale che sia in grado di aiutarci ad accedere a un’abitazione”, sottolineano nel manifesto. Anche il tentativo del Comune di Milano di fornire una lista di pensionati disposti a ospitare gli sfollati si è rivelato inefficace, con molte delle strutture già al completo.

Per Kamisolamin e gli altri lavoratori, quindi, la vita nelle tende continua tra la precarietà e la speranza di un futuro più stabile, in attesa che le istituzioni rispondano alle loro richieste di alloggi adeguati e di politiche che affrontino il caro affitti e la discriminazione immobiliare.

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