Roma, 6 giugno 2025 – Il Cancelliere Friedrich Merz ha confermato la linea dura sui respingimenti alla frontiera, nonostante una recente sentenza del Tribunale amministrativo di Berlino che ne ha sancito l’illegittimità. “I respingimenti continueranno per tutelare la sicurezza e l’ordine pubblico nel nostro Paese”, ha dichiarato Merz, in aperto contrasto con il diritto d’asilo dell’Unione europea.
La decisione del Tribunale amministrativo di Berlino, giunta in procedura d’urgenza, stabilisce infatti che respingere i richiedenti asilo senza esaminare prima la loro domanda è contrario al Regolamento di Dublino. Quest’ultimo obbliga gli Stati membri a verificare quale sia il Paese di primo ingresso in Ue competente per l’esame della domanda. Secondo i giudici, solo in caso di pericolo concreto per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale la Germania potrebbe invocare una deroga prevista dall’articolo 72 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
Il caso riguarda due uomini e una donna somali, arrivati dalla Polonia il 9 maggio scorso. Fermati dalla polizia federale a Francoforte sull’Oder, avevano presentato domanda d’asilo ma sono stati comunque respinti. Il governo ha tentato di giustificare i respingimenti citando l’elevato numero di domande d’asilo presentate in Germania, a causa dei cosiddetti movimenti secondari, e i limiti di registrazione da parte della banca dati Eurodac. Argomentazioni che, però, la Corte ha respinto: non basta dimostrare un sovraccarico amministrativo per sospendere i diritti dei richiedenti asilo.
Il ministro dell’Interno Alexander Dobrindt aveva ordinato i respingimenti già dal suo primo giorno in carica, nonostante la consapevolezza dell’incompatibilità con il diritto europeo. Dobrindt ha ribadito che i tre somali avevano già cercato di entrare in Germania il 2 e 3 maggio senza chiedere asilo, definendo i respingimenti come “decisioni in singoli casi”. E ha dichiarato di voler attendere l’esito della procedura d’asilo pendente per uno dei casi oggetto della sentenza, ignorando l’inappellabilità del provvedimento.
La reazione politica è stata immediata: la deputata della Linke, Clara Bünger, ha chiesto le dimissioni di Dobrindt. I Verdi, con il capo Felix Banaszak, hanno parlato di “misure che minano il diritto europeo” e di una “linea in stile Trump”. Anche dalla SPD sono arrivate critiche, con la proposta di esami accelerati delle domande d’asilo al confine, in linea con il Regolamento di Dublino.
Intanto, il governo tedesco prepara un nuovo giro di vite: si parla di inserire Marocco, India, Tunisia e Algeria nella lista dei Paesi di origine sicuri e di ridurre i tempi per i ricorsi da 21 mesi a 30-40 giorni. Potrebbe anche decadere l’obbligo per i detenuti in attesa di espulsione di avere un avvocato. Ma per farlo servirebbe una legge formale, visto che in passato i tentativi di eludere il Bundestag e il Bundesrat – come provò nel 2018 Horst Seehofer – sono stati bloccati dai Verdi e dalla Linke.
Il governo punta ad anticipare le nuove regole europee previste dal Patto su asilo e migrazione, che entreranno in vigore a giugno 2026, e a sfruttare la Direttiva Ue del 2013 sulle procedure d’asilo per stabilire autonomamente i Paesi sicuri. Tuttavia, la maggior parte dei richiedenti asilo proviene da Siria e Afghanistan, paesi che non possono essere considerati sicuri. Il governo tedesco sembra però deciso a cambiare la situazione per dimostrare che la politica migratoria è una priorità.