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Regolarizzazione. Sei mesi di arretrati per il permesso per attesa occupazione

È il minimo di tasse e contributi richiesto se la regolarizzazione non va in porto per cause imputabili al datore di lavoro. Il parere dell’Avvocatura dello Stato

Roma – 14 marzo 2014 – Nel mare della regolarizzazione del 2012 si sono persi in tanti. Ci sono quelli che ancora attendono una risposta e quelli che non hanno più il lavoro grazie al quale la domanda era stata presentata o la cui domanda viene bocciata perché il datore non aveva i requisiti, ad esempio di reddito, per presentarla.

A questi ultimi il governo lo scorso anno ha lanciato un salvagente con il decreto legge 76/2013. Dice che “nei casi in cui la dichiarazione di emersione sia rigettata per cause imputabili esclusivamente al datore di lavoro” al lavoratore può essere rilasciato comunque un permesso per attesa occupazione, a patto che possa dimostrare la presenza in Italia dal 2011 e si stato versato il contributo forfetario di1000 euro e che siano stati pagati gli arretrati fiscali, contributivi e retributivi previsti dalla legge sulla regolarizzazione (D.lgs 109/2012).

Gli arretrati vengono definiti come “le somme di cui al comma 5” dell’articolo 5 del D.lgs 109/2012.  Il problema è che quel comma parla di “somme dovute dal datore  di  lavoro  a  titolo retributivo, contributivo e fiscale pari ad almeno sei mesi”, ma poi dice anche che queste “sono dovute per l'intero periodo in caso di rapporti di lavoro di durata superiore a sei mesi”. Abbastanza per creare confusione.

“Il comportamento delle Prefetture per il rilascio del permesso per attesa occupazione finora non è stato univoco. Alcune, secondo noi correttamente, chiedono solo arretrati di sei mesi, il ‘minimo’ previsto dalla legge. Altre invece pretendono che siano pagati tutti gli arretrati e questo diventa molto più oneroso”spiegano dallo Sportello Legale del Naga di Milano. L’associazione di volontariato sta seguendo molti stranieri coinvolti nella regolarizzazione e quindi ha chiesto al ministero dell’Interno quale fosse l’interpretazione corretta.  

La direzione centrale per le politiche dell’Immigrazione e dell’Asilo ha  girato la domanda all’Avvocatura dello Stato e, ottenuto il parere, ha risposto al Naga,confermando l’interpretazione più favorevole. “Alla luce del predetto autorevole parere ed in assenza di significative pronunce giurisprudenziali  – scrive il direttore Malandrino – il lavoratore potrà ottenere il rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione, qualora sia verificato il pagamento delle somme dovute a titolo retributivo, contributivo e fiscale per un periodo pari almeno a sei mesi”.

Scarica la risposta del Ministero dell’interno

Elvio Pasca
 

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