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TAR Veneto 30 mar 2009 Permesso motivi giustizia non rinnovabile se vengono meno condizioni rilascio

TAR Veneto, Sezione III, Sentenza n. 980 del 30 marzo 2009 Permesso motivi giustizia non rinnovabile se vengono meno le condizioni di rilascio (procedimento penale concluso)
Nel caso di specie il ricorrente lamenta l’illegittimità del decreto impugnato per violazione dell’art. 18, comma 4, del D.Lgs. n. 286/1998.
Il Collegio ritiene che il permesso di soggiorno rilasciato al cittadino marocchino sia un permesso di soggiorno per motivi di giustizia, disciplinato dagli artt. 5, comma 2, del D.Lgs. n. 286/1998 e successive modifiche e 11 del D.P.R. n. 394/1999 rilasciato al ricorrente in quanto persona offesa nel procedimento penale e non un permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale disciplinato dall’art. 18 del T.U. Immigrazione.
Il permesso di soggiorno per motivi di giustizia, infatti, è strettamente connesso al diritto di difesa e rappresenta un rafforzamento delle garanzie connesse all’esercizio di tale diritto da parte dello straniero, come è dimostrato anche dal fatto che il rilascio di tale titolo di soggiorno non è una conseguenza automatica della pendenza di un procedimento penale neanche per l’imputato – e quindi a maggior ragione per la parte offesa o per il testimone -, ma solo una possibilità eventuale accordata quando la presenza dello straniero debba ritenersi necessaria per l’esercizio del diritto di difesa ovvero per le finalità processuali, in base alle discrezionali valutazioni dell’Autorità di Polizia, da adottarsi, ove del caso, di concerto con l’Autorità Giudiziaria.
Tale permesso viene, dunque, a connotarsi come un provvedimento di natura eccezionale, emanabile solo in presenza di documentate esigenze che rendano necessaria, a fini di giustizia, la permanenza dello straniero in Italia. Conseguenza logica della natura eccezionale di tale tipologia di permesso di soggiorno per la tipicità del fine perseguito è proprio la rinnovabilità dello stesso per un periodo di tre mesi (inferiore al termine previsto per gli altri permessi di soggiorno) e la sua non convertibilità ad altro titolo. Pertanto la ragione posta a fondamento del diniego di rinnovo del permesso di soggiorno di cui era titolare il ricorrente non è una valutazione di pericolosità sociale dello stesso, ma la conclusione del procedimento penale alla pendenza del quale il detto titolo era connesso e la non convertibilità di tale tipologia di titolo legittimante la presenza dello straniero in Italia.
Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso è infondato.

Ric. n.1368/08 Sent. n. 980/09
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Avviso di Deposito
del
a norma dell’art. 55
della   L.   27  aprile
1982 n. 186
Il Direttore di Sezione
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza Sezione, con l’intervento dei signori magistrati:
Angelo  De Zotti      Presidente
Stefano Mielli                   Referendario
Marina Perrelli       Referendario, relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 1368/08, proposto da Goula Hicham, rappresentato e difeso dall’avv.to Stefania Filippi, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R., ai sensi dell’art. 35 del R.D. 26.6.1924, n. 1054;
CONTRO
Il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, anche domiciliataria in Venezia, p.zza S. Marco n. 63;
PER L’ANNULLAMENTO
del provvedimento del Questore di Treviso, emesso il 22 maggio 2008 e notificato il 10 giugno 2008, con il quale è stata rigettata l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di giustizia con scadenza al 17 luglio 2007.
    Visto il ricorso, notificato l’1luglio 2008 e depositato presso la Segreteria il  16 luglio 2008, con i relativi allegati;
Vista la memoria di costituzione in giudizio dell’Amministrazione dell’Interno, depositata il 24 dicembre 2008 presso la Segreteria;
Viste le memorie prodotte dalle parti;
Visti gli atti tutti di causa;
Vista l’ordinanza n. 628 del 31 luglio 2008 con la quale è stata rigettata l’istanza di sospensiva;
Vista l’ordinanza n. 6464 del 2 dicembre 2008 con la quale il Consiglio di Stato, in riforma della precedente ordinanza, ha accolto l’istanza di sospensiva;
 Uditi nella pubblica udienza del 15 gennaio 2009 – relatore il Referendario M. Perrelli – l’avv.  Parpinel in sostituzione di Filippi per la parte ricorrente e l’Avvocato dello Stato Brunetti per l’Amministrazione resistente;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Il 10 settembre 2007 il ricorrente, cittadino marocchino, presentava alla Questura di Treviso domanda di rinnovo del proprio permesso di soggiorno, rilasciato per motivi di giustizia e scaduto il 17 luglio 2007.
Con il provvedimento impugnato il Questore di Treviso, preso atto della conclusione del procedimento penale al quale era connessa la presenza del ricorrente in Italia a seguito dell’emissione di sentenza di condanna, rigettava l’istanza presentata da Gouajla Hicham ritenendo venuti meno i presupposti per un ulteriore rinnovo per motivi di giustizia e affermandone la non convertibilità in un permesso di soggiorno ad altro titolo. 
Con il presente ricorso il ricorrente lamenta l’illegittimità del decreto impugnato per violazione dell’art. 18, comma 4, del D.Lgs. n. 286/1998, nonché per eccesso di potere per carenza di motivazione e per difetto di istruttoria giacché la Questura competente non ha tenuto nel debito conto l’inserimento sociale del ricorrente, dimostrato attraverso la stabile attività lavorativa e la disponibilità di un alloggio idoneo, né l’inesistenza di ragioni ostative alla sua permanenza in Italia, mentre ha del tutto immotivatamente tratto dall’asserita non convertibilità del permesso di soggiorno per motivi di giustizia in permesso di soggiorno ad altro titolo un giudizio di pericolosità sociale del Gouajla.
L’Amministrazione dell’Interno si è costituita in giudizio, concludendo per la reiezione del ricorso.
Con ordinanza n. 628 del 31 luglio 2008 il Collegio ha respinto la domanda cautelare, in considerazione della non assimilabilità del permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale (disciplinato dall’art. 18 del T.U. Immigrazione) al permesso di soggiorno per motivi di giustizia (disciplinato dall’art. 11 del D.P.R. n. 394/1999 e successive modifiche).
Con l’ordinanza n. 6464 del 2 dicembre 2008 il Consiglio di Stato ha, invece, accolto l’istanza cautelare, ritenendo sussistente il fumus del ricorso.
Alla pubblica udienza del 15 gennaio 2009 il Collegio ha trattenuto la causa per la decisione.      
DIRITTO
1. Il ricorso non è fondato e va respinto per le seguenti ragioni.
2. Il permesso oggetto dell’istanza di rinnovo era stato rilasciato al ricorrente in quanto persona offesa nel procedimento penale a carico di Giulio Bandiera, imputato dei reati di truffa e di falso perpetrati ai danni del Gouajla Hicham e di altri cittadini extracomunitari per  avere loro prospettato, mediante artifici e raggiri, la possibilità di ottenere la regolarizzazione, ai sensi del D.L. n. 195/2002 convertito nella legge n.222/2002, dei rapporti di lavoro subordinati instaurati con il medesimo e per avere consegnato agli stessi copia falsificata delle ricevute postali attestanti l’avvenuta presentazione delle relative istanze.
Il permesso di soggiorno veniva rilasciato al ricorrente con validità dal 28 settembre 2006 al 28 marzo 2007 e veniva successivamente rinnovato dal 17 aprile 2007 al 17 luglio 2007.
3. Il Collegio ritiene che il permesso di soggiorno rilasciato al ricorrente sia un permesso di soggiorno per motivi di giustizia, disciplinato dagli artt. 5, comma 2, del D.Lgs. n. 286/1998 e successive modifiche e 11 del D.P.R. n. 394/1999 e successive modifiche.
3.1. Il citato art. 5, comma 2, prevede che “Il regolamento di attuazione può prevedere speciali modalità di rilascio relativamente ai soggiorni brevi per motivi di turismo, di giustizia, di attesa di emigrazione in altro Stato e per l’esercizio delle funzioni di ministro di culto nonché ai soggiorni in case di cura, ospedali, istituti civili e religiosi e altre convivenze”, mentre l’art. 11 del Regolamento di attuazione stabilisce che “Il permesso di soggiorno è rilasciato (…) per motivi di giustizia, su richiesta dell’Autorità giudiziaria, per la durata massima di tre mesi prorogabili per lo stesso periodo, nei casi in cui la presenza dello straniero sul territorio nazionale sia indispensabile in relazione a procedimenti penali in corso per uno dei reati di cui all’articolo 380 del codice di procedura penale, nonché per taluno dei delitti di cui all’articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75 (…)”.
 4. Tale titolo di soggiorno, dunque, a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, non appare assimilabile al permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale, disciplinato dall’art. 18 del D.L.gs. n. 286/1998 e successive modificazioni.
Ai sensi della citata disposizione di legge “Quando, nel corso di operazioni di polizia, di indagini o di un procedimento per taluno dei delitti di cui all’articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, o di quelli previsti dall’articolo 380 del codice di procedura penale, ovvero nel corso di interventi assistenziali dei servizi sociali degli enti locali, siano accertate situazioni di violenza o di grave sfruttamento nei confronti di uno straniero ed emergano concreti pericoli per la sua incolumità, per effetto dei tentativi di sottrarsi ai condizionamenti di un’associazione dedita ad uno dei predetti delitti o delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o del giudizio, il questore, anche su proposta del Procuratore della Repubblica, o con il parere favorevole della stessa autorità, rilascia uno speciale permesso di soggiorno per consentire allo straniero di sottrarsi alla violenza e ai condizionamenti dell’organizzazione criminale e di partecipare ad un programma di assistenza ed integrazione sociale.”.
5. Orbene non appare revocabile in dubbio che nel caso di specie il ricorrente non verteva in una condizione di pericolo per la propria incolumità personale e che il permesso di soggiorno che gli è stato rilasciato non aveva la finalità di consentirgli di sottrarsi alla violenza e ai condizionamenti di un’organizzazione criminale e di partecipare ad un programma di assistenza ed integrazione sociale.
Ne discende, pertanto, che non può essere condivisa la prospettazione del ricorrente secondo la quale al permesso di soggiorno rilasciatogli per motivi di giustizia andrebbe applicato il disposto del richiamato art. 18 ai sensi del quale “Il permesso di soggiorno previsto dal presente articolo consente l’accesso ai servizi assistenziali e allo studio, nonché l’iscrizione nelle liste di collocamento e lo svolgimento di lavoro subordinato, fatti salvi i requisiti minimi di età. Qualora, alla scadenza del permesso di soggiorno, l’interessato risulti avere in corso un rapporto di lavoro, il permesso può essere ulteriormente prorogato o rinnovato per la durata del rapporto medesimo o, se questo é a tempo indeterminato, con le modalità stabilite per tale motivo di soggiorno.” 
6. Il permesso di soggiorno per motivi di giustizia, previsto dall’art. 5, comma 2, del D.lgs. n. 286/1998, infatti, è strettamente connesso solo al diritto di difesa e rappresenta un rafforzamento delle garanzie connesse all’esercizio di tale diritto da parte dello straniero, come è dimostrato anche dal fatto che il rilascio di tale titolo di soggiorno non è una conseguenza automatica della pendenza di un procedimento penale neanche per l’imputato – e quindi a maggior ragione per la parte offesa o per il testimone -, ma solo una possibilità eventuale accordata, allorché la presenza dello straniero debba ritenersi necessaria per l’esercizio del diritto di difesa ovvero per le finalità processuali, in base alle discrezionali valutazioni dell’Autorità di Polizia, da adottarsi, ove del caso, di concerto con l’Autorità Giudiziaria.
6.1. Il permesso di soggiorno per motivi di giustizia viene, dunque, a connotarsi come un provvedimento di natura eccezionale, emanabile solo in presenza di documentate esigenze che rendano necessaria, a fini di giustizia, la permanenza dello straniero in Italia. Ed invero, conseguenza logica della natura eccezionale di tale tipologia di permesso di soggiorno per la tipicità del fine perseguito è proprio la rinnovabilità dello stesso per un periodo di tre mesi (inferiore al termine previsto per gli altri permessi di soggiorno) e la sua non convertibilità ad altro titolo.
6.2. E d’altra parte, anche l’istituto della conversione del permesso di soggiorno è a sua volta di natura eccezionale, come si deduce, argomentando a contrario, dall’espressa previsione normativa delle singole fattispecie di convertibilità, fra le quali non rientra quella sottoposta all’esame del Collegio.
Detta normativa non è, quindi, suscettibile di applicazione analogica, come del resto la maggior parte delle norme in materia di ammissione degli stranieri nel territorio dello Stato, poiché il pericolo di facili elusioni rende indispensabile una disciplina chiara ed obiettiva.
7.  Ciò posto, occorre anche rimarcare che in ogni caso il ricorrente non avrebbe potuto ottenere il permesso di soggiorno poiché, come correttamente evidenziato dall’Amministrazione resistente, Gouajla Hicham non ha mai usufruito di permessi di soggiorno a titolo diverso dai motivi di giustizia e ai soli specifici fini della partecipazione, in qualità di parte offesa, al processo a carico di Giulio Bandiera.
8. Né d’altro canto sussisteva alcun affidamento in capo al ricorrente circa la convertibilità del proprio permesso di soggiorno in altro permesso a diverso titolo atteso che la Questura competente ha correttamente rinnovato il permesso di soggiorno di tre mesi, in conformità a quanto statuito dalle citate disposizioni regolanti la tipologia di titolo di soggiorno rilasciato al ricorrente.
9. Infine, la circostanza che Gouajla Hicham sia titolare di un contratto di lavoro non rileva ai fini della presente impugnazione, giacché è estranea rispetto ai presupposti richiesti per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di giustizia e non è valutabile ad altri fini in considerazione della non convertibilità del titolo legittimante la permanenza in Italia del ricorrente.
10. Deve, infine, essere rilevato che dalla lettura del provvedimento gravato emerge chiaramente, nonostante vengano richiamate molteplici disposizioni del T.U. sull’immigrazione, che la ragione posta a fondamento del diniego di rinnovo del permesso di soggiorno di cui era titolare il ricorrente non è una valutazione di pericolosità sociale dello stesso, ma la conclusione del procedimento penale alla pendenza del quale il detto titolo era connesso e la non convertibilità di tale tipologia di titolo legittimante la presenza dello straniero in Italia.
11. Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso deve, dunque, essere respinto.
12. Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese del processo in considerazione della complessità delle questioni giuridiche trattate e della loro relativa novità.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Terza Sezione, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa, lo rigetta.
Compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, in Camera di Consiglio, il 15 gennaio  2009.
Il Presidente       L’Estensore

Il Segretario

SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il……………..…n.………
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Direttore della Terza Sezione

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