Bruxelles, 9 giugno 2017 – Nelle circostanze eccezionali della crisi dei rifugiati in Europa non si applica il principio del Regolamento Ue di Dublino in base al quale lo Stato membro di primo approdo è quello competente per la gestione delle domande di asilo, da parte degli immigrati in cerca di protezione internazionale; il paese competente è, invece, quello in cui le domande sono presentate per la prima volta.
Lo ha affermato, ieri a Lussemburgo, l’Avvocato generale della Corte europea di Giustizia Eleanor Sharpston, nelle sue conclusioni su due cause di un cittadino siriano e di due sorelle afghane contro le decisioni, rispettivamente, delle autorità slovene e di quelle austriache, che avevano rinviato le loro richieste di asilo alla Croazia, in applicazione del principio di Dublino sul paese di primo approdo.
In sostanza, se uno Stato membro (in questi due casi la Croazia) non soltanto tollera gli attraversamenti in massa della propria frontiera, ma facilita attivamente sia l’ingresso sia il transito di gruppi di immigrati attraverso il proprio territorio, verso un altro Stato membro, il paese in cui gli immigrati arrivano non può considerare che sia stata “varcata illegalmente” la propria frontiera. L’Avvocato generale è del parere che il Regolamento di Dublino semplicemente non è stato concepito per disciplinare circostanze eccezionali come quelle della crisi dei rifugiati sulla “rotta balcanica” nel 2015-2016, quando si è verificato il più imponente movimento di massa di persone attraverso l’Europa dalla seconda guerra mondiale, con l’arrivo nell’Ue di più di un milione di persone – rifugiati, profughi e altri migranti – molte delle quali hanno chiesto la protezione internazionale.
Nessun criterio “ad hoc”, afferma l’Avvocato generale, è stato inserito nel regolamento Dublino III per disciplinare questo tipo di situazioni d’emergenza: e se gli Stati membri di confine, come la Croazia, fossero ritenuti competenti per accogliere e gestire numeri eccezionalmente elevati di richiedenti asilo, rischierebbero concretamente di non riuscire a far fronte alla situazione, e non potrebbero ottemperare ai propri obblighi discendenti dal diritto Ue e dal diritto internazionale. Le conclusioni dell’Avvocato generale sono tenute in conto dai giudici nella sentenza finale, ma non vincolano la Corte di giustizia dell’Ue, che delibererà su questi due ricorsi nei prossimi mesi. Nel frattempo, è in corso una difficile discussione all’Europarlamento e in Consiglio Ue sulla proposta della Commissione di riformare il Regolamento di Dublino, proprio al fine di prevedere un nuovo meccanismo di redistribuzione equa dei rifugiati in caso di afflusso massiccio di richiedenti asilo.