Roma, 17 luglio 2024 – Un grave episodio avvenuto il 4 aprile scorso nelle acque internazionali ha scosso l’opinione pubblica e sollevato un’ondata di indignazione. La nave Mare Jonio, operata dalla ONG Mediterranea Saving Humans, è stata oggetto di un attacco da parte della motovedetta libica 658 Fezzan, intervenuta durante un’operazione di salvataggio di 45 naufraghi. L’equipaggio libico avrebbe aperto il fuoco contro le persone in acqua e contro i soccorritori della ONG, mettendo in serio pericolo la loro vita.
I rappresentanti della Mare Jonio, inclusi il capomissione, la medica di bordo e il comandante della nave, hanno denunciato l’incidente definendolo un atto di pirateria e violenza grave. L’esposto, presentato alla Procura della Repubblica di Roma e alla Procura Europea, elenca una serie di reati: pirateria, tentato sequestro di persona, tortura e violenze aggravate dall’uso di armi da fuoco e dalla partecipazione a un’organizzazione criminale dedita alla cattura e deportazione di migranti in fuga dalla Libia.
La motovedetta coinvolta nell’attacco, la 658 Fezzan, era stata donata dal governo italiano alle autorità libiche nel 2018, nell’ambito di un programma di cooperazione per il controllo delle migrazioni. La donazione e l’utilizzo dei mezzi forniti sono ora sotto esame per verificare il corretto impiego dei fondi e dei mezzi concessi sia dall’Unione Europea che dal governo italiano.
Gli avvocati della ONG, Serena Romano e Fabio Lanfranca, hanno richiesto un’indagine approfondita sulle responsabilità dell’attacco e sull’operato delle milizie libiche, accusate di operare come un’organizzazione criminale. Il testo dell’esposto è stato inviato anche al Primo Ministro del Governo di Unità Nazionale libico, Abdulhameed Mohamed Dabaiba, e ad altri alti funzionari libici e italiani, inclusi il Ministro degli Affari Esteri italiano Antonio Tajani e il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.
La denuncia mira a far luce non solo sull’incidente specifico, ma anche su una più ampia rete di violenze e abusi perpetrati dalle milizie libiche, spesso con il sostegno tacito di istituzioni internazionali. L’episodio del 4 aprile rappresenta solo l’ultimo di una serie di eventi che hanno visto i migranti e i soccorritori umanitari vittime di attacchi e intimidazioni.
La comunità internazionale è chiamata a rispondere a queste accuse e a garantire che le operazioni di salvataggio in mare siano condotte in sicurezza, rispettando i diritti umani fondamentali. La situazione nei mari tra la Libia e l’Europa resta critica, e episodi come questo sottolineano l’urgenza di una revisione delle politiche migratorie e dei rapporti con le autorità libiche.